"Il segreto della vita cristiana è l'amore. Solo l'amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori." Papa Francesco 8/10/2013

sabato 31 gennaio 2015

San Giovanni bosco - 31 Gennaio

Don Bosco (1815 – 1888), ordinato sacerdote nel 1841, fu il fondatore della congregazione dei salesiani, il cui patrono è San Francesco di Sales. Tutto ebbe inizio nell’umile oratorio di Valdocco, nella provincia di Torino,nel 1846, sorto per l’assistenza materiale e spirituale dei ragazzi poveri.

Santo del giorno

Nato in una famiglia di contadini a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) il 16 agosto 1815, gli muore presto il padre e a 9 anni fa un sogno che gli svela la sua missione: si vede in mezzo a dei ragazzi che bestemmiano, urlano e ne fanno di tutti i colori; mentre si avventa contro di loro per farli desistere, ecco Gesù che gli dice: «Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a dare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù». Lui aveva già cominciato a riunire dopo i Vespri i coetanei della borgata nel prato davanti a casa sua e, dopo averli intrattenuti con giochi, ripeteva la predica ascoltata in chiesa, che ricordava perfettamente grazie alla sua memoria eccezionale. Dopo la prima Comunione, per pagarsi la scuola se ne va da casa lavorando prima come garzone in una cascina, poi come sarto, barista, falegname, calzolaio, apprendista fabbro. Nel 1835 entra in seminario a Chieri e viene ordinato prete il 5 giugno 1841. L’8 dicembre fa amicizia con un giovane muratore invitandolo a tornare da lui con i suoi amici: nasce così l’oratorio, che dopo una prima sede presso l’Ospedaletto di Santa Filomena, troverà sistemazione definitiva, sempre a Valdocco, nel 1846. Con alcuni collaboratori il santo fonda poi la Società Salesiana e più tardi le Figlie di Maria Ausiliatrice. Oggi i Salesiani sono sparsi in tutto il mondo con oltre 17 mila religiosi e circa 16 mila suore. Don Bosco fu anche un prolifico scrittore e editore: alcune sue opere raggiunsero tirature record, come nel caso de Il Giovane provveduto(118 edizioni e traduzioni, lui vivente, in quattro lingue). Il santo è stato definito da Giovanni Paolo II “padre e maestro della gioventù” per la sua pedagogia che si può sintetizzare nel sistema preventivo, fondato su tre pilastri: religione, ragione e amorevolezza. Così si formano buoni cristiani e onesti cittadini, e anche santi come Domenico Savio, uno dei capolavori della pedagogia salesiana. Don Bosco morì a Torino il 31 gennaio 1888; fu beatificato da Pio XI nel 1929 e da lui canonizzato il 1° aprile 1934.

venerdì 30 gennaio 2015

Santo del giorno

Si chiamava Clarice, era molto bella e di famiglia principesca. Nata a Vignanello, diocesi di Civita Castellana, nel 1585, sui 20 anni entra fra le clarisse del monastero di San Bernardino, a Viterbo, dove c’era già sua sorella Ginevra. Ma mentre questa vi si trovava per propria scelta vocazionale, Clarice non si fa monaca: rimane terziaria francescana assumendo il nome di Giacinta e vive per 15 anni in due camerette ben arredate «tra molte vanità e sciocchezze» come poi lei stessa scriverà. Ad un certo punto si ammala, mentre avvengono alcune morti in famiglia, e lì comincia la sua conversione. Con 24 anni trascorsi in povertà ed eroiche penitenze, riparerà le debolezze passate. Dopo avere abbandonato le due camerette per sistemarsi una cella priva di tutto, volendo ripetere nel suo corpo la Passione del Signore, si macera con ogni genere di tormenti, dal digiuno prolungato ai flagelli, dal dormire sulla nuda terra alle veglie in continua preghiera trascinando sulle spalle una pesante croce. A queste penitenze volontarie si aggiungono le immancabili prove per chi tende alla perfezione, come malattie, disprezzi o tentazioni. Non essendo come terziaria tenuta alla clausura, svolge una intensa attività di carattere sociale soccorrendo i poveri, assistendo i malati e visitando i carcerati. In questo servizio di carità trova dei collaboratori, spesso persone convertite dal suo esempio, e si fa promotrice di varie istituzioni, tra cui quella dei “Sacconi” (così chiamati per il sacco che i confratelli indossavano nel loro servizio) e quella degli Oblati di Maria per l’assistenza agli anziani poveri. La sua continua unione con Dio raggiunge in determinate occasioni lo stato estatico abituale, col dono della profezia e della scrutazione dei cuori. Muore il 30 gennaio 1640. La venerazione del popolo per le sue spoglie è tale che si dovrà rivestirla tre volte perché gli abiti vengono tagliuzzati dai devoti per farne reliquie. Beatificata nel 1726, sarà canonizzata nel 1807.

giovedì 29 gennaio 2015

Santo del giorno

Secondo le quattro redazioni della sua passio, Costanzo subì il martirio durante la persecuzione di Marco Aurelio: tradotto davanti al console Lucio, fu barbaramente flagellato, indi rinchiuso con altri compagni in una stufa accesa dalla quale uscì illeso. Ricondotto in carcere, convertì i suoi custodi che lo aiutarono a fuggire. Rifugiatosi in casa di un certo Anastasio, cristiano, fu insieme a lui nuovamente arrestato. Dopo varie peripezie nelle carceri di Assisi e di Spello, venne decapitato nei pressi di Foligno. In effetti in questa città, vicino a Porta Romana, esisteva una chiesa a lui dedicata, che fu poi demolita nel 1527, quando tale località era ancora chiamata «campagna di San Costanzo». Dopo il martirio, le spoglie del santo furono portate a Perugia e sepolte non lontano dalla città, in un luogo dove sorse la prima cattedrale perugina. E in quella stessa zona fu poi eretta l’attuale chiesa di San Costanzo consacrata, secondo una iscrizione esistente nell’antico altare, nel 1205 dal vescovo Viviano. La stessa fu restaurata nel 1888. Una tradizione antica e seria fa ritenere assai probabile che Costanzo sia stato il primo vescovo di Perugia, dove è venerato come uno dei protettori della città. A lui furono attribuiti due miracoli: la guarigione di una donna affetta da completa cecità e di un nobile perugino di nome Crescenzio, sofferente da molti anni di inguaribile paralisi agli arti inferiori. Entrambi, dopo essere stati benedetti da Costanzo, furono di colpo risanati. Il culto per il santo si diffuse anche fuori dell’Umbria. Nel 1781 fu fatta una ricognizione delle sue reliquie che, nel 1825, con grande solennità furono traslate dal vecchio al nuovo altare, sempre nella attuale chiesa di San Costanzo: qui, alla festa odierna, le ragazze nubili vengono a chiedere se si sposeranno entro l’anno, guardando il gioco di luci riflesse sull’immagine del santo: se si avrà l’impressione che egli abbia fatto l’occhiolino, significa che le nozze ci saranno.

mercoledì 28 gennaio 2015

Santo del giorno

Nato nel castello di Roccasecca (Aquino) nel 1226, a 5 anni venne offerto come “oblato” alla vicina abbazia di Montecassino. Ma circa 10 anni dopo si trasferì Napoli per frequentarvi gli studi delle arti e della filosofia e a 18 anni, contro la volontà del padre, entrò nell’ordine dei Predicatori per realizzare il carisma del fondatore: «Proclamare la Parola di Dio ardentemente contemplata, solennemente celebrata e scientificamente indagata». Liberato nel castello paterno dove era stato rinchiuso per 15 mesi, si recò a Parigi nel 1245 e da lì, tre anni dopo, a Colonia dove ebbe come maestro sant’Alberto Magno, ricevendone un’impronta determinante. Nel 1256, nuovamente a Parigi, conseguì il titolo di maestro in teologia e, mentre infuriava la polemica contro gli ordini mendicanti, si fece difensore della libertà dei religiosi dediti al servizio della Chiesa universale. Tornato in Italia, si pose a disposizione di papa Urbano IV e compose, fra le altre opere, la Catena aurea per aiutare il clero nella comprensione della parola di Dio; la Summa contra gentiles, per dotare i missionari inviati ad evangelizzare l’islam di una solida dottrina ecumenica, e, su invito del pontefice, l’Ufficio del “Corpus Domini”. Tornò poi a Parigi per difendere la legittimità dei nuovi istituti religiosi approvati dalla Chiesa, nonché l’ortodossia del proprio indirizzo filosofico e teologico. Sono di questo periodo i commentari sulle opere di Aristotele e la maggior parte della Summa Theologiae, la sintesi più originale del suo pensiero. Nel 1272 per un biennio insegnò, scrisse e predicò a Napoli. Nel 1274, mentre era in viaggio verso Lione per partecipare al concilio di unione con i greci, sentendo prossima la fine, si fece trasportare presso i cistercensi di Fossanova dove morì il 7 marzo. Fu canonizzato da Giovanni XXII nel 1323 e da Pio V proclamato Dottore della Chiesa (Doctor Angelicus). Nel 1880 Leone XIII lo dichiarò patrono delle scuole cattoliche.

martedì 27 gennaio 2015

Pranzo con le famiglie

Domenica 1° febbraio 2015 pranzo con le famiglie nelle sale della Parrocchia! Vi aspettiamo!

Santo del giorno

Oggi festeggiamo una santa che ha preceduto e accompagnato il concilio di Trento nel rinnovamento della vita cristiana. Nata a Desenzano sul Garda (Brescia) nel 1474 da una famiglia di umili contadini, rimasta orfana a15 anni, Angela si fece terziaria francescana e rinunciò ai suoi beni per vivere in povertà. Già nel 1516 a Brescia (presso la collegiata di Sant’Afra) aveva cominciato a radunare attorno a sé donne della nobiltà e del popolo, con le quali poi nel 1535 fondò la Compagnia delle Dimesse (cioè umili) di sant’Orsola (dal nome della martire che le era apparsa raccomandandole l’apostolato in comune), dedite all’assistenza spirituale e materiale delle fanciulle, specialmente orfane. In precedenza, aveva compiuto pellegrinaggi in Terrasanta e a Roma, per lucrarvi l’indulgenza del Giubileo. Tra l’altro, stabilì che le dimesse non fossero legate a un orario di tipo conventuale. Precorritrice dei moderni istituti secolari, volle infatti che le prime Orsoline fossero vergini consacrate a Dio e al servizio del prossimo vivendo nel secolo, a casa propria, senza clausura, e mantenendosi col proprio lavoro. Ma nel 1566 esse saranno obbligate a indossare un abito religioso e a osservare la clausura, però solo per la preghiera corale. Leggendo la regola scritta dalla Merici e approvata da Paolo III nel 1544, vi scopriamo una rara sapienza: oltre all’insistenza sulla preghiera vocale e mentale, che anima una religiosità davvero popolare (il legame delle religiose è sempre con la propria parrocchia), essa raccomanda l’obbedienza alla Chiesa, al proprio vescovo, al padre spirituale, al “governatore” e alle “governatrici” della Compagnia, e soprattutto ai consigli e all’ispirazione dello Spirito Santo. Angela morì a Brescia il 27 gennaio 1540, lasciando una istituzione che si svilupperà in ben 24 rami di Orsoline, dedite a ogni servizio nella Chiesa. Fu canonizzata però solo nel 1807, perché inizialmente le sue idee erano giudicate troppo moderne.

lunedì 26 gennaio 2015

Doni di Dio

Sulla via principale della città c’era un negozio originale. Un’insegna luminosa diceva: "DONI DI DIO" .
Un bambino entrò e vide un angelo dietro il banco; sugli scaffali c’erano grandi scatole di tutti colori.

Santo del giorno

Appartenente a una ricchissima famiglia dell’alta aristocrazia romana. Paola nasce a Roma nel 347. A quindici anni sposa Tossozio, un nobile del suo rango: un matrimonio felice, il suo, allietato dalla nascita di quattro figlie (Blesilla, Paolina, Eustochio e Ruffina) e di un maschio chiamato con lo stesso nome del padre. Purtroppo però, a soli 32 anni, Paola si trova vedova e alla cura della famiglia unisce svariati impegni caritativi: il suo palazzo accoglie incontri, riunioni di preghiera e di approfondimento della dottrina cristiana, iniziative per i poveri. Con Eustochio poi decide di unirsi al cenacolo che santa Marcella aveva creato sull’Aventino, realizzando un ideale ascetico di negazione delle vanità del mondo e di alta cultura religiosa. Nel 382, proveniente dalla Terrrasanta giunge a Roma Girolamo e diventa collaboratore di papa Damaso. È un divulgatore appassionato degli ideali ascetici, e grazie alla sua eccellente preparazione culturale esercita un forte ascendente anche nella cerchia di Marcella e Paola, a cui comunica la sua passione per le Sacre Scritture. Nel 384 muore la figlia di Paola, Blesilla, e poi anche papa Damaso. Girolamo allora torna in Palestina per dedicarsi all’opera che stava tanto a cuore al pontefice, e che lo impegnerà fino alla morte: dare alla Chiesa la Bibbia in una corretta e completa versione in lingua latina, la cosiddetta Vulgata. L’anno dopo parte per l’Oriente anche Paola, accompagnata da Eustochio, mentre a Roma Paolina si occuperà di Ruffina e Tossozio. Visita la Terrasanta e poi la regione dell’Egitto dove si ritiravano i Padri del deserto, si reca poi a Betlemme e qui si ferma per sempre, spendendo le sue ricchezze per creare una casa destinata ai pellegrini e due monasteri: in quello maschile lavorerà Girolamo fino alla morte, mentre Paola in quello femminile costituisce una comunità sotto la sua guida. E qui si spegne il 26 gennaio del 406 a 59 anni, affidando le cinquanta monache alla figlia Eustochio.

domenica 25 gennaio 2015

Santo del giorno

L’importanza della conversione del “dottore delle genti”, che la Chiesa ricorda oggi è rilevabile dai tre racconti riportati nel libro degli Atti degli Apostoli dove si apprende ciò che avvenne sulla via di Damasco, dove un uomo di indiscussa fede monoteistica, osservante della legge giudaica come buon fariseo, compie una svolta radicale, trasformandosi da persecutore dei cristiani in eroico, instancabile annunciatore del Vangelo fino a pagare col martirio questa sua scelta di vita. C’è da dire che il racconto biblico ci fornisce non soltanto la cronaca dell’esperienza personale di Paolo, ma anche una importante fase di passaggio nella storia della Chiesa delle origini, perché Luca (l’autore degli Atti) inquadra la vicenda nel vasto disegno della prima espansione missionaria cristiana, che prende il via dalla persecuzione in cui Stefano muore lapidato come protomartire. Saulo infatti era tra coloro che approvarono l’uccisione di Stefano; ed ancora lui viene chiamato a raccoglierne l’eredità, dopo l’incontro con Cristo sulla via di Damasco; incontro che non è stato solo un momento trasformante e fondante, ma anche il punto unificante di riferimento di tutta la sua azione evangelizzatrice. Da esso nascono la teologia e la spiritualità di Paolo, le quali diventano anche per noi il paradigma della nostra vita spirituale e apostolica. La scelta di questa festa come conclusione della settimana di preghiere per l’unità della Chiesa è quanto mai appropriata e consona alla dimensione universalistica di questa conversione. Sempre oggi, quasi come appendice all’evento, la Chiesa associa la memoria dell’Apostolo a quella di sant’Anania, il cristiano definito dagli Atti «uomo pio secondo la legge cui rendevano testimonianza tutti gli ebrei di Damasco», che il Signore manda da Saulo e che, imponendogli le mani, gli fa riacquistare la vista e lo battezza. Una tradizione tardiva afferma che subì il martirio, fustigato e lapidato, il 10 ottobre dell’anno 70.

sabato 24 gennaio 2015

Santo del giorno

Questo gigante della spiritualità moderna nacque in Savoia nel castello di Sales, il 21 agosto 1567 da una famiglia nobile. Fu destinato alla magistratura ma poi, docile alla chiamata di Dio, ricevette una formazione culturale raffinata, prima ad Annecy, poi a Parigi e infine a Padova, dove si laureò in diritto civile ed ecclesiastico nel 1591. Dopo aver rifiutato la carica di senatore di Chambéry, fu ordinato sacerdote e accettò dal suo vescovo la missione difficile e pericolosa di rievangelizzare lo Chablais (la parte più settentrionale della Savoia), che era passata al calvinismo. La predicazione persuasiva e l’infaticabile zelo, sostenuto dal coraggio nell’affrontare fatiche e pericoli per la sua vita, gli procurarono parecchie conversioni al cattolicesimo. Le note di quel periodo (1595-1598), riunite nel Libro delle controversie, costituiscono un documento di apologetica cattolica degno dei grandi Padri della Chiesa. A 32 anni fu designato vescovo coadiutore di Annecy e tre anni dopo vescovo titolare di Ginevra, con residenza ad Annecy. Oltre che operare come zelante pastore e direttore di anime, fondò con santa Francesca Frémyot de Chantal l’Ordine della Visitazione, che egli aveva immaginato in modo da consentire alle religiose di recarsi nelle case dei poveri e dei malati per servirli, ma al quale venne poi, contro sua voglia, imposta la clausura. Morì a Lione il 28 dicembre 1622. L’opera sua più famosa, oltre al Teotimo, Trattato dell’amor di Dio in cui riassume tutta la sua dottrina mistica, è la Filotea o Introduzione alla vita devota. Questo bestseller del secolo XVII divenne come una specie di breviario spirituale per i laici, un libro di ascetica alla portata di tutti, che offre ai cristiani volonterosi una via «sicura, facile e dolce», come afferma il Breve per la sua proclamazione a dottore della Chiesa nel 1887. Fu canonizzato nel 1665 e nel 1923 Pio XI lo destinò patrono dei giornalisti (e dunque anche di chi vi parla) e degli scrittori cattolici.

venerdì 23 gennaio 2015

Santo del giorno

Nato da illustre famiglia visigotica, Ildefonso aveva avvertito fin dal piccolo una grande attrazione per la vita religiosa. Ma poiché i familiari gli facevano sempre una irriducibile opposizione, lui fuggì dalla casa paterna rifugiandosi nel monastero dei santi Cosma e Damiano, a Toledo, dove eccelse subito per condotta esemplare, per virtù e per doti naturali, tanto che ad un certo punto, nonostante fosse soltanto diacono, fu eletto abate. In tale veste assistette a diversi concili tenutisi a Toledo. Verso i cinquant’anni lasciò il monastero perché, morto Eugenio, vescovo della città, era stato scelto lui a succedergli. Per convincerlo si mosse il re visigoto Recensvinto in persona. Così nel 657, Ildefonso iniziò il suo ministero episcopale in quella che allora era la capitale del regno. Non ebbe vita facile anche nei rapporti col sovrano, a causa della immoralità dilagante e della lotta che egli sostenne contro la depravazione dei nobili, dei quali si attirò l’inimicizia, come egli stesso lamenta nelle sue lettere. Dei suoi scritti merita particolare attenzione il Libellus de virginitate sanctae Mariae contra tres infideles (libello sulla verginità di Maria contro tre infedeli), in cui si ispira alla dottrina di san Girolamo, usando un linguaggio veemente e appassionato. Si attribuisce alla sua ispirazione l’istituzione, al secondo concilio di Toledo (656) della festività del 18 dicembre in onore della Madonna, designata più tardi come festa dell’Attesa della nascita di Gesù. Un suo biografo riferisce che, in uno degli ultimi anni della sua vita, nella notte del 17 dicembre, vigilia di tale festa, mentre clero e popolo si dirigevano in processione verso la cattedrale, la trovarono illuminata da una luce celeste e Ildefonso vide la Madre di Dio che, seduta sulla cattedra episcopale, circondata da angeli e da sante vergini, lo invitò maternamente ad avvicinarsi per consegnargli una pianeta che egli avrebbe dovuto indossare nelle sue feste. Il santo morì il 23 gennaio 667.

giovedì 22 gennaio 2015

Don Alberto

Tutti noi parrocchiani vogliamo ringraziare Don Alberto per quello che ci ha donato.

Ricordo di Don Alberto
Seminario, Parrocchia, Archivio sono questi i luoghi della vita di don Alberto che ci sono stati ricordati. Vorrei, a nome di tutta la comunità parrocchiale, esprimere il grazie, che raccoglie come un canto a più voci i sentimenti affettuosi e cordiali di tutti.

Santo del giorno

Pio XI nel 1932 definì Vincenzo Pallotti «provvido antesignano e collaboratore dell’Azione Cattolica». Eppure non fu subito capito anche da certi ambienti ecclesiali, come succede spesso a chi ha intuizioni profetiche. Nato a Roma il 21 aprile 1795, frequentò prima il Collegio Romano e poi l’Università e dal 1810, morti i genitori, convisse con la zia, la clarissa Rita De Rossi la quale, cacciata dal suo monastero in seguito alle leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi, contribuì non poco a spingerlo sulla via della santità. Ordinato sacerdote nel 1818, egli entrò in amicizia con gli ecclesiastici più distinti di Roma, tra cui san Gaspare Del Bufalo e, ricoprendo importanti incarichi come Accademico della Facoltà di Dogmatica, della Scolastica e dei Luoghi teologici, nonché come confessore del Seminario Romano, si prodigò a tutto campo nel suo ministero, ottenendo la collaborazione di molti ecclesiastici e laici, e nel 1834 fondò la Società dell’Apostolato Cattolico. L’opera tuttavia fu duramente combattuta da certi ambienti ecclesiali e nel 1838 il titolo di “Apostolato Cattolico” fu proibito. Caratteristica fu la sua idea – poi affermata dal Concilio Vaticano II nella Apostolicam actuositatem - di «invitare anche i laici dell’uno e dell’altro sesso di ogni stato, grado, condizione e professione del popolo, onde ancor essi animati dalla vera carità cristiana e coi mezzi temporali e colle opere temporali anche della loro professione» cooperassero «nel modo più energico, attuato e perseverante». Preziosa collaboratrice gli fu la ven. Elisabetta Sanna, una vedova sarda che, giunta a Roma in pellegrinaggio, non potendo tornare in patria per gravi ragioni di salute, si dedicò totalmente alla Società dell’Apostolato Cattolico. Vincenzo morì il 22 gennaio 1850, rimpianto dai romani edificati dalla sua inesauribile carità. Pio XII lo beatificò nel 1950 e Giovanni XXIII lo canonizzò il 20 gennaio 1963.

mercoledì 21 gennaio 2015

Santo del giorno

Il calendario romano più antico – la Depositio Martyrum del 354 – e gli antichi sacramentari, oltre a numerose testimonianze di grandi padri della Chiesa, tra cui Ambrogio, Prudenzio, Gerolamo e Agostino, attestano la memoria di questa adolescente che morì martire a soli dodici anni. Nata a Roma da una famiglia cristiana, si consacrò giovanissima a Dio e durante la persecuzione di Diocleziano, mentre molti cristiani abiuravano, mantenne salda la sua fede. Il figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei e da lei respinto, la denunciò alle autorità e per questo venne esposta nuda in un luogo per pubbliche prostitute nel Circo Agonale (oggi cripta di Sant’Agnese) in piazza Navona, ma i clienti non osavano guardarla, eccetto uno che però, mentre tentava di possederla, venne accecato da un lampo Agnese fu poi gettata nel fuoco, ma le fiamme si divisero senza lambirla e infine venne trafitta con un colpo di spada alla gola. Il martirio, avvenuto sulla via Nomentana, è stato collocato da alcuni tra gli anni 249 e 251 (ma l’imperatore di allora era Decio), da altri nel 304, durante l’ultima persecuzione di Diocleziano. Il culto per sant’Agnese era già presente a Roma nella prima metà del IV secolo. Dopo la sua morte, il corpo fu sepolto nelle catacombe lungo la via Nomentana, oggi a lei intitolate. Qui la principessa Costantina, figlia di Costantino, fece edificare una collegiata col proprio mausoleo. Papa Onorio I, nel VII secolo, eresse poi una grandiosa basilica a doppio ordine di colonne, che fu più volte abbellita fra il Cinquecento e il Settecento, e rinnovata da Pio IX a metà Ottocento. Nel IX secolo il corpo della santa fu privato della testa, collocata nel Sancta Sanctorum del palazzo lateranense e da lì nel 1903, per volere di Pio X, posta in un reliquiario nella chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona. Considerata tra le più illustri martiri della Chiesa, Agnese ha meritato di essere iscritta nel canone romano della Messa.

martedì 20 gennaio 2015

Santo del giorno

Cittadino milanese, alto e stimatissimo ufficiale della guardia pretoriana di Diocleziano e Massimiano, san Sebastiano è popolarissimo per l’iconografia, dove appare bersagliato dalle frecce. Nato da genitori cristiani, pur avversando la carriera militare, egli si era arruolato verso il 283 nell’esercito per poter a Roma aiutare i cristiani arrestati durante la persecuzione. Secondo la Passio Sancti Sebastiani, composta da un romano verso la metà del secolo V, il santo, recatosi nella casa dove erano rinchiusi in custodia cautelare due gemelli, Marco e Marcellino, li confermò nella fede mentre stavano per cedere, riuscendo poi a convertire anche i loro custodi. Denunciato per questo agli imperatori, fu condannato a morire per mano degli arcieri in mezzo al Campo di Marte. Il suo corpo trafitto dalle frecce fu abbandonato sul terreno ma il martire, dato per morto, venne raccolto da una vedova di nome Irene che, curatolo a casa sua, lo vide miracolosamente guarito. Pochi giorni dopo, Sebastiano si presentò nuovamente all’imperatore, rimproverandolo aspramente per il male fatto ai cristiani. Diocleziano allora comandò che fosse frustato a morte e gettato in una cloaca perché non divenisse oggetto di venerazione per i cristiani. La notte seguente, il santo apparve alla matrona Lucina, le rivelò dove giaceva il suo cadavere e le ordinò di seppellirlo accanto alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, che allora si trovavano sulla via Appia, nelle catacombe che poi furono chiamate di S. Sebastiano. La figura del martire soldato divenne presto popolarissima in tutto il mondo occidentale, anche per i molti miracoli attribuiti alla sua intercessione. Nel Medioevo, la sola Roma contava ben nove basiliche e cappelle dedicate al santo, proclamato compatrono della città insieme a Pietro e Paolo: fra queste la più famosa era sul Palatino ove, secondo la leggenda, egli sarebbe stato martirizzato. Immensa è anche l’iconografia che lo riguarda.

lunedì 19 gennaio 2015

Il combattimento spirituale

Oggi si sente tanto poco parlare di un atteggiamento interiore, che pure in passato era molto comune, di fatto indispensabile per la vita di un cristiano che vuole vivere in maniera coerente la propria fede: il combattimento spirituale. In effetti il cristiano, oggi più che mai, per non scendere a compromessi con il peccato e non condurre una vita mediocre e contraddittoria, ha bisogno di vivere in uno stato di attenta vigilanza.

Santo del giorno

Secondo la Vita Sancti Bassiani scritta dal vescovo Andrea circa dal 971 al 1002, Bassiano, nato verso il 320 da Sergio, prefetto della città, fu mandato a Roma per completarvi gli studi. Qui, convertito alla religione cristiana da un sacerdote di nome Giordano, ricevette il battesimo. Richiamato in patria dal padre che lo voleva far apostatare, si rifugiò a Ravenna, dove fu ordinato sacerdote. Dal 374 al 409 fu vescovo di Laus Pompeia (l’attuale Lodi Vecchio) ed è ricordato come primo vescovo di quella città, che registrava già da tempo la presenza di una fiorente comunità cristiana, come dimostra la circostanza che le autorità imperiali, ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano e Massimiano, decisero di decapitare i martiri Felice, Nabore e Vittore, legionari africani, proprio fuori Lodi Vecchio, il 12 luglio 303, allo scopo di terrorizzare la numerosa collettività cristiana. La scelta di consacrarlo vescovo fu probabilmente frutto della resistenza cattolica ad Aussenzio, vescovo ariano di Milano, condannato come eretico nel secondo Concilio Romano del 372. Nel 387, il santo fece edificare fuori dalle mura una chiesa dedicata ai SS. Apostoli, che fu consacrata nel 380 da sant’Ambrogio e dal suo coadiutore san Felice protovescovo di Como. L’edificio, che più tardi prese il suo nome, sopravvisse alla distruzione della città ad opera dei milanesi nel 1158 al tempo delle guerre contro il Barbarossa. Bassiano partecipò nel 381 al concilio di Aquileia e, probabilmente, nel 390 a quello di Milano, nel quale fu condannato Gioviniano. La sua firma si trova insieme a quella di S. Ambrogio nella lettera sinodica inviata al papa Siricio. Nel 397 assistette alla morte di S. Ambrogio, del quale era amico e con il quale si batté strenuamente per difendere i fedeli dall’eresia ariana. Morì l’8 febbraio dell’anno 409. Il santo è patrono di Lodi (città e diocesi), di Bassano del Grappa, Pizzighettone e San Bassano (Cremona).

domenica 18 gennaio 2015

Santo del giorno

Nel 1241 i Tartari avevano invaso l’Ungheria e il re Bela IV fu costretto a rifugiarsi in Dalmazia con la famiglia. Poiché la regina stava per partorire, i sovrani promisero che se fosse nata una bambina l’avrebbero destinata ad un convento. Così, intorno ai 4 anni, Margherita, nata nel 1242, è accolta nel convento domenicano di Santa Caterina a Veszprém, mentre si costruisce per lei un altro monastero, dedicato a S. Maria presso Buda, su un’isoletta del Danubio che si chiamerà poi Isola Margherita. Nel 1260 i genitori la vogliono maritare al re Ottocaro II di Boemia, ma lei rifiuta e chiede di farsi religiosa nel convento di S. Maria dove nel 1254 fa la professione e nel 1261 prende il velo. Nel 1265 si impegna per mettere fine a un forte contrasto sorto in famiglia: suo fratello Stefano, ribellatosi al padre che pure lo aveva associato al trono, gli fa guerra, causando migliaia di vittime. Alla fine, per intervento della santa, i due si riconciliano. Da autentica domenicana, Margherita vive in scrupolosa osservanza della Regola, dedicandosi alla imitazione di Gesù nella sofferenza e nell’umiliazione. Si fa leggere il racconto della Passione e attinge argomenti di riflessione anche dalle vite dei santi; si priva di cibo e di riposo per desiderio di vicinanza al Signore sofferente. Spesso le consorelle la trovano addormentata sulla stuoia accanto al misero giaciglio su cui si era inginocchiata per pregare. Non voleva che le fossero usate preferenze perché era la figlia del re, né voleva essere esentata dalle incombenze più umili e gravose della lavanderia, della cucina e dell’infermeria. Per sé riservava le vesti più povere e rattoppate. Morì il 18 gennaio 1270, e fu sepolta nella chiesa del monastero. Dalla sua salma, come aveva predetto, si sprigionò un soave profumo di rose. Il processo canonico fu iniziato nel 1276 ma, per una serie di vicissitudini legate a svariati fattori, si concluse solo nel 1943 con la “canonizzazione equipollente” ad opera di Pio XII.

sabato 17 gennaio 2015

Santo del giorno

Nato intorno al 250 in una famiglia cristiana, dopo la morte dei genitori, tra i 18 e i 20 anni Antonio lascia i beni alla sorella per seguire il Signore e, alla scuola di un anziano monaco rimasto anonimo, impara ad arricchire la sua vita spirituale trascorrendo le sue giornate nel lavoro e nella preghiera ininterrotta. Al sopraggiungere di un periodo di crisi e di tentazione, caratterizzato da lotte contro il demonio, Antonio si rinchiude in un sepolcro abbandonato, e lì gli appaiono forme di animali feroci che lo assalgono e tentano di spaventarlo per farlo fuggire dal deserto. Poi, avendo l’anziano monaco rifiutato di andare ad abitare con lui, decide di partire solo verso la montagna dove rimane per altri vent’anni. Ma i suoi amici lo costringono ad uscire; così diventa il ricercato confidente della gente del villaggio, a cui offre consiglio, conforto, consolazione, riconciliando chi è in lite e mettendo pace dovunque. Presto molti vogliono imitare il suo genere di vita e si uniscono a lui. All’epoca della persecuzione di Massimino, si reca ad Alessandria per servire e incoraggiare i cristiani incarcerati. Cessata la persecuzione, torna nel deserto, ma intanto la sua fama si è diffusa: gli imperatori gli scrivono, vengono a incontrarlo filosofi pagani, molti gli chiedono consiglio e la guarigione. Assediato dalle folle, Antonio fugge in un luogo più isolato. Dopo una breve malattia, accortosi che l’ora della partenza è vicina, chiama i due discepoli che avevano vissuto con lui negli ultimi 15 anni e detta il suo testamento spirituale: «Respirate sempre Cristo e abbiate fede in Lui». Dopo queste parole, muore il 17 gennaio 356. Fu venerato in modo particolare dal popolo, il quale faceva ricorso a lui contro la peste, contro morbi contagiosi e contro il cosiddetto “fuoco di S. Antonio”. Il suo sepolcro fu scoperto solo nel 561 e le sue reliquie da Alessandria, dove erano state portate, passarono poi a Costantinopoli e da qui in Francia: dal 1491 riposano presso Arles.

venerdì 16 gennaio 2015

Santo del giorno

Provenienti da varie città d’Italia Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto entrarono tra i Frati Minori nel primo decennio dell’ordine, e nel 1219, i primi tre come sacerdoti, gli altri due come fratelli laici, presero parte alla prima spedizione missionaria francescana tra i saraceni del Marocco. A inviarveli era stato lo stesso san Francesco, il quale già nel 1213 aveva tentato senza successo di raggiungere quelle terre. Ammalatosi fra Vitale, capo del gruppo, fu sostituito da Berardo, ottimo predicatore e conoscitore della lingua araba. Dalla Spagna, i cinque passarono in Portogallo, accolti con onore a Coimbra dal re Alfonso II, e da qui discesero ad Alenquer e a Siviglia dove ebbero i primi contatti con i saraceni. Entrati nelle loro moschee, annunciarono con ardore il Vangelo, ma vennero malmenati, incarcerati e quindi relegati nel Marocco, dove ripresero il loro apostolato, ma a Marrakesch furono imprigionati, sottoposti più volte alla fustigazione e trascinati sopra pezzi di vetro e cocci di vasi rotti. Sulle loro piaghe furono versati sale e aceto con olio bollente, ma essi sopportarono tutto con tale fortezza d’animo da sembrare impassibili. Il re allora cercò di convincerli ad abbracciare la religione musulmana, promettendo ricchezze e onori e offrendo loro cinque giovani come mogli. Ma poiché quelli continuavano a professare imperterriti la fede cristiana, il re si infuriò e con la sua scimitarra tagliò loro la testa. Era il 17 gennaio 1220. I resti dei martiri furono lasciati al popolo che se ne impadronì e fra oltraggi di ogni genere li abbandonò sopra un letamaio perché fossero divorati dai cani e dagli uccelli. Ma un improvviso temporale lo impedì e alcuni cristiani trasportarono le salme nella casa dell’infante del Portogallo, che tornato in patria le depose nella chiesa della Santa Croce a Coimbra, dove sono tuttora venerate.

giovedì 15 gennaio 2015

RIMBOCCHIAMOCI LE MANICHE PER IL NOSTRO PAESE

Un nuovo anno è iniziato, facciamo ripartire l’Italia

L’Italia ha vissuto ed è uscita da periodi complicatissimi, ma oggi l’ostacolo più difficile da superare è la sfiducia e il diffuso pessimismo. Non c’è bisogno di sociologi, dati Istat, analisi dei sindacati e di Confindustria per capire la gravità della situazione e lo stato d’animo della maggioranza della nostra gente.

Santo del giorno

Figlio di Eutichio, un nobile romano, Mauro era ancora un ragazzo quando venne offerto dal padre a san Benedetto, che a Subiaco aveva iniziato la sua organizzazione della vita monastica. Un altro patrizio, Tertullo, offrì a sua volta il figlioletto Placido e i due giovani furono fin da principio carissimi a Benedetto per la loro bontà. Mauro, il maggiore dei due per età, diventò ben presto il suo fidato collaboratore. Per le preghiere sue e del maestro egli meritò di vedere il diavoletto che, in uno dei monasteri, nell’ora della preghiera tirava sempre per la tonaca un monaco e lo induceva a girovagare fuori di chiesa. Ma l’episodio che lo rese celebre nella storia dell’ascetica cristiana e religiosa è quello della sua miracolosa obbedienza. San Benedetto vide un giorno che Placido, uscito ad attingere acqua nel lago, sporgendosi incautamente troppo, era stato travolto dalle onde e correva pericolo di annegare. L’abate allora chiamò Mauro e gli comandò di correre ad aiutare il ragazzino: questi andò immediatamente e, preoccupato soltanto di obbedire, procedette oltre la riva, acciuffò Placido per i capelli e lo ricondusse a terra sano e salvo. Solo allora si rese conto di aver camminato prodigiosamente sulle acque senza sprofondarvi. Tutto ciò sappiamo con certezza dai Dialoghi di san Gregorio Magno. Quanto di Mauro si è narrato in seguito, fino ai tempi nostri, deriva da una biografia apocrifa, scritta dall’abate Odone di Glanfeuil nell’863 e presentata come ammodernamento dell’opera di un certo Fausto, discepolo anche lui di san Benedetto a Montecassino che insieme a Mauro avrebbe portato in Francia la regola benedettina. Non esistono documenti che confermino questo racconto, eppure il paese dell’abate Odone, Glanfeuil, si è poi chiamato Saint-Maur-sur-Loire (san Mauro sulla Loira), e mille anni dopo Mauro, nel 1618, in Francia nacque una congregazione benedettina i cui monaci si chiamavano Maurini.

mercoledì 14 gennaio 2015

Santo del giorno

La vita narrata da san Paolino di Nola in forma poetica è il primo documento storico sul santo che la Chiesa ricorda oggi. Felice nacque a Nola nel III secolo da un ricco padre di origini orientali. Consacratosi da giovane al Signore come presbitero, diventò fedele collaboratore del vescovo di Nola, Massimo, che durante l’ultima persecuzione anti-cristiana abbandonò la propria sede per rifugiarsi in un luogo deserto, lasciando in città Felice che lui aveva designato come suo successore. Ma anche Felice fu imprigionato e crudelmente torturato, venendo poi liberato miracolosamente da un angelo e da lui condotto dove si trovava Massimo, gravemente infermo, che fu portato dal santo a Nola e affidato alle cure di un’anziana cristiana. La persecuzione, momentaneamente sospesa, ebbe poi una seconda ondata costringendo il nostro protagonista, che aveva ripreso con zelo il suo ministero sacerdotale, a fuggire perché nuovamente ricercato. Rimase nascosto in una cisterna disseccata per circa sei mesi, nutrito da una pia donna. Tornata la calma con la pace di Costantino (nel 313), essendo morto il vescovo Massimo, Felice fu candidato a succedergli, ma egli rifiutò per umiltà, a favore di un sacerdote di nome Quinto, dando alla propria vita una svolta decisiva all’insegna della povertà: rinunciò infatti a rivendicare i beni che gli erano stati confiscati e trascorse il resto dei suoi giorni lavorando e dedicandosi a opere di carità. Non si conosce la data della sua morte, avvenuta presumibilmente dopo il 313. Venerato sempre come martire, anche se non fu ucciso, per le molte sofferenze patite, fu sepolto nella necropoli di Cimitile, presso Nola, uno dei più importanti complessi paleocristiani del Mezzogiorno d’Italia. La sua tomba divenne presto meta di pellegrinaggi, anche per i miracoli che vi si verificavano. Il santo vescovo Paolino gli dedicò ben 14 dei suoi carmi, diffondendone la fama di santità. che è tuttora molto viva

martedì 13 gennaio 2015

Santo del giorno

Ilario, nato nel 315 da famiglia benestante a Poitiers, si convertì al cristianesimo dopo aver letto le Scritture, di cui divenne poi acuto interprete soprattutto nel commento ai Salmi e al Vangelo di Matteo. Sposato e padre di una figlia, ne curò talmente bene l’educazione cristiana che meritò, ancora da laico, di essere eletto vescovo della sua città verso il 350. Partecipò con ardore alla lotta anti-ariana e nel 356 fu esiliato dall’imperatore Costanzo in Frigia, dove ebbe modo di approfondire le dottrine trinitarie di cui si discuteva nel mondo orientale. Rimandato tre anni dopo nella sua diocesi, per combattere alle radici l’eresia ariana indisse sinodi provinciali e inviò lettere circolari agli altri vescovi. Nel 361 il Concilio di Parigi, confermando la fede nicena, condannò i capi del movimento ariano (in particolare Aussenzio) e chiamò Ilario «il liberatore della Gallia». Contro Aussenzio egli scrisse anche un libro in cui l’eretico è chiamato «angelo di satana, rinnegatore della fede, confessata con la menzogna e oltraggiata con la bestemmia». Fu eminente teologo, storiografo ed esegeta biblico. Da segnalare in particolare tra le sue opere il De Trinitate, scritto negli anni dell’esilio, che rappresenta la difesa da lui compiuta, primo fra i latini, della fede anti-ariana; i citati commenti al vangelo di Matteo ed ai Salmi, il Tractatus Mysteriorum, il coraggioso libello Contra Constantium in cui deplora fortemente gli interventi indebiti dell’imperatore in materia religiosa, e altre opere storiche relative ai vari momenti della polemica anti-ariana. Considerato il creatore del linguaggio teologico dell’Occidente, Ilario è anche un autentico santo, che nell’intimità di vita con Cristo apre il cuore e le labbra alla preghiera continua. Tra le sue lettere, ce n’è una rivolta alla figlia Afra per persuaderla a persistere nella verginità. Ilario morì sul finire del 367. Definito l’«Atanasio dell’Occidente», fu proclamato dottore della Chiesa da Pio IX nel 1851.

lunedì 12 gennaio 2015

Il “Dopo Cresima” diventa “il Tralcio”

E’ inutile chiudere gli occhi; dobbiamo ammettere che molti ragazzi, attratti dalle logiche e dai divertimenti del mondo, si allontanano dalla parrocchia e spesso il conferimento del Sacramento della Cresima segna la fine della vita ecclesiale di molti ragazzi. Ci stanno troppo a cuore i nostri figli e non vogliamo che questo avvenga.

Santo del giorno

Nato nel 1605 a Corleone (Palermo), Filippo Latini fu avviato dal padre all’umile mestiere di calzolaio, ma presto lo abbandonò per darsi a quello della spada in cui, a 18 anni, si era fatta una certa fama. Focoso e cavalleresco, una volta. difese l’innocenza di una giovane insidiata da soldati spagnoli, e per la sua bravura fu chiamato «prima spada di Sicilia». Provocato da un certo Vito Canino, invidioso dei suoi successi, si batté con lui a duello in piazza, ferendolo gravemente ad un braccio che poi venne amputato. Per sottrarsi alla vendetta dello sfidante, si rifugiò nel convento dei cappuccini, chiedendo di entrare nell’Ordine. Indossò l’abito francescano due anni dopo, il 13 dicembre1631 col nome di Bernardo e da quel momento con tutte le sue forze si diede alla penitenza. Destinato all’ufficio di cuoco, servì con dedizione umile e totale i confratelli, dormendo sopra un letto di tavole e sottoponendosi a rigorosi digiuni, mentre i superiori dovettero proibirgli l’uso di certi strumenti di penitenza. Divenne un mistico, amante della Passione e della Croce di Cristo. Incerto se dovesse imparare a leggere, gli parve durante la preghiera di udire una voce che gli diceva: «Non cercare altro libro, ti basti quello delle mie piaghe». Nella chiesa dei cappuccini a Palermo è ancora in venerazione un crocifisso davanti al quale il santo passava lunghe ore del giorno e della notte meditando e pregando. Una volta gli parve di vedere Cristo che, intriso un pezzetto di pane nel sangue del suo costato, glielo porgeva, invitandolo a perseverare nella vita che aveva intrapreso. Il demonio, che lo tormentava in vari modi, arrivò un giorno a bastonarlo nella sua cella con tanto fragore da impressionare i confratelli che lo udirono. Vi fu anche chi lo prese per bugiardo, ma egli sopportò tutto con pazienza e carità. Morì a Palermo il 12 gennaio 1667; beatificato nel 1768 da Clemente XIII, fu canonizzato il 10 giugno 2001 da Giovanni Paolo II.

domenica 11 gennaio 2015

Santo del giorno

Sugli anni dell’infanzia e della giovinezza di questo santo sappiamo poco, ma quando fu ordinato sacerdote si affermò come una personalità non comune perché a un certo punto Carlo Magno, dopo aver conquistato il Friuli, gli fece dono di alcuni beni fondiari. Poco dopo lo troviamo in Francia come Artis grammaticae magister presso l’Accademia Palatina, dove fa amicizie importanti, soprattutto con Alcuino, amico intimo e consigliere ascoltato di Carlo Magno, il quale nel 787 lo nomina patriarca di Aquileia, la cui giurisdizione abbracciava all’incirca tutta la pianura friulana, l’attuale Veneto e l’Istria. All’epoca in cui Paolino prese possesso della sua sede, si stava diffondendo in Spagna la dottrina teologica dell’”adozionismo”, che affermava Gesù essere figlio adottivo del Padre come uomo, e invece Figlio naturale come Dio. Ne erano seguaci i vescovi di Toledo, Elipando, e di Urgel, Felice. Dopo una prima condanna del papa Adriano I, nel 794 si tenne un concilio a Francoforte dove i teologi italiani e quelli franchi si divisero i compiti: gli italiani, con a capo Paolino, svilupparono l’argomento dal punto di vista delle Scritture, quelli franchi guidati da Alcuino discussero i testi patristici. Il santo condensò poi le sue argomentazioni nel cosiddetto Libellus sacrosyllabus contra Elipandum e nei Libri tres contra Felicem. Successivamente egli difese l’aggiunta del Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano, dove si afferma che lo Spirito Santo procede dal Padre “e dal Figlio”, concetto che ancora oggi è motivo di controversia nelle dispute sull’ortodossia fra che le Chiese d’Occidente e d’Oriente. Paolino, svolgendo il suo ufficio di metropolita, non si limitò a scrivere trattati destinati ai teologi, ma cercò di far penetrare le verità della fede nella mente e nel cuore dei fedeli, per i quali compose la Professio fidei. Morì a Cividale l’11 gennaio dell’802 e fu sepolto in quella cattedrale, dove riposa tuttora nell’altare della Pietà.

sabato 10 gennaio 2015

Santo del giorno

Fratello minore di san Basilio Magno, nacque intorno al 335 a Cesarea di Cappadocia. Si conosce ben poco della sua giovinezza. Volendo abbracciare lo stato ecclesiastico, venne ordinato lettore, ma poi si lasciò fortemente influenzare dalla cultura classica, specialmente da quella che viene chiamata la “seconda sofistica” e abbandonando la sua prima destinazione divenne professore di retorica e prese moglie. Suo fratello Basilio e Gregorio di Nazianzo, che si erano ritirati in solitudine ad Annesi sulle rive dell’Iris, gli rinnovarono i loro appelli ed egli finalmente decise di raggiungerli (forse era già vedovo). Nel ritiro trascorse il suo tempo nella preghiera e nello studio dei grandi Dottori, scrivendo il trattato De Virginitate. Nel 370 il fratello Basilio, diventato vescovo di Cesarea, fece nominare vescovo di Nissa il fratello; in quella regione gli ariani, ancora abbastanza organizzati, non tardarono a causare a Gregorio gravi fastidi: giunsero perfino a convincere Demostene, il vicario del Ponto, che Gregorio dilapidava i beni della sua Chiesa, così che un sinodo, riunito nel 376, lo depose condannandolo all’esilio. Egli non poté riavere la sua sede che due anni più tardi, facendovi peraltro un ingresso trionfale fra l’entusiasmo dei suoi fedeli. Nel 379 Gregorio partecipò al concilio di Antiochia, facendosi notare per la sua eloquenza e per le sue conoscenze teologiche; poi fu inviato in missione nelle Chiese del Ponto e dell’Armenia. Agli inizi del 380, assistette alla morte della sorella Macrina, nel monastero di Annesi da lei fondato. Nel concilio ecumenico di Costantinopoli – nel 381 – fu considerato dai padri la «colonna dell’ortodossia». Morì intorno al 395, poco dopo un altro sinodo convocato nella capitale orientale nel 394, al quale aveva preso parte. Lasciò importanti scritti teologici, esegetici e ascetici, oltre a numerose omelie, che fanno di lui il più speculativo e più profondo dei Padri greci del IV secolo.

venerdì 9 gennaio 2015

Santo del giorno

Due sovrani d’Inghilterra, re Egberto del Kent e re Oswy di Northumbria avevano chiesto a papa Vitaliano (sul trono di Pietro dal 657al 672) un nuovo arcivescovo per l’importante sede di Canterbury, vacante dopo la morte di san Deusdedit (Adeodato), segnalandogli un loro candidato, di nome Wighard. Ma costui, giunto a Roma per essere consacrato vescovo, morì e il pontefice scelse Adriano, un africano di nascita che allora era abate di un monastero a Nisida, presso Napoli. Costui, pur avendo declinato l’incarico per umiltà, suggerì al Pontefice di destinare a quella sede il monaco Teodoro, che considerava fornito di maggiori doti; aggiunse però che non avrebbe rifiutato di condividere con lui le fatiche e i meriti dell’apostolato. Vitaliano accettò la sostituzione e i due monaci partirono per raggiungere Canterbury attraverso la Francia; ma qui Adriano fu arrestato per ordine di Alboino, maestro di palazzo, che sospettava andasse in Inghilterra per tramare contro la Francia o fosse un agente dell’imperatore d’Oriente. Superato l’ostacolo, egli poté comunque arrivare a destinazione e lì Teodoro, che vi era giunto prima di lui nella primavera del 609, lo fece abate del monastero dei santi Pietro e Paolo, che sarà poi detto di S. Agostino di Canterbury. Grazie alla loro azione congiunta, questo si arricchì di libri e diventò una scuola tra le più significative dell’Inghilterra del tempo, centro vivace di cultura e vivaio di vescovi e di abati. Lui e l’arcivescovo Teodoro giravano per le parrocchie, per le scuole, insegnando musica, occupandosi di poesia e persino di astronomia e soccorrendo i poveri. Affrontarono anche temi ecclesiali difficili, come quello di fissare una data unica per la celebrazione della Pasqua. Dopo la morte di Teodoro, Adriano continuò nel suo impegno, da semplice abate. Si spense il 9 gennaio del 710. Il suo corpo venne ritrovato intatto nel 1091, mentre scavi recenti ne hanno portato in luce la tomba.

giovedì 8 gennaio 2015

Santo del giorno

Lorenzo Giustiniani è stato il primo patriarca di Venezia, dove nacque il 1° luglio 1381. Di nobilissima famiglia, mortogli il padre fu educato dalla madre, rimasta vedova a soli 24 anni con cinque figli. Sui 19 anni con l’aiuto di uno zio materno entrò tra i Canonici Secolari Agostiniani di S. Giorgio in Alga, guidati prima da Gabriele Condulmer (futuro Eugenio IV), che però dopo due anni fu chiamato a Roma, e da Ludovico Barbo, a sua volta dirottato dopo un biennio a Padova come abate di S. Giustina, dove avrebbe iniziato la riforma del monachesimo benedettino. Ordinato sacerdote (probabilmente nel 1405), Lorenzo fu eletto priore di varie comunità della congregazione, guadagnandosi grandissima stima per la sua spiritualità, il suo spirito di sacrificio e la sua umiltà. Sui 38 anni cominciò la sua opera di scrittore, intesa come riflesso e partecipazione della sua esperienza, perché – diceva – «parlare degli effetti della carità senza averla sperimentata, è indice di temerarietà». Nel 1433 Eugenio IV lo nominò vescovo di Castello ed egli, pur avendo sempre fatto vita contemplativa, si dimostrò perfetto uomo di governo, sensibile a tutti i bisogni del suo tempo. Aprì un seminario per chierici poveri, intervenne con norme e disposizioni per una più intensa vita liturgica in tutte le chiese; convocò un sinodo dando forma organica alle sue iniziative apostoliche; fece rifiorire i monasteri femminili che, durante il suo episcopato, da una ventina arrivarono a trentacinque; dedicò particolare attenzione ai poveri. Ebbe anche speciali doni soprannaturali (profezie, discernimento di spirito e miracoli). Quando Niccolò V, succeduto a Eugenio IV, soppresse la sede patriarcale di Grado e il titolo episcopale di Castello trasferendo la sede a Venezia, vi nominò Lorenzo primo patriarca. Il santo morì la mattina dell’8 gennaio 1456. Il suo corpo rimase esposto alla venerazione dei fedeli per 67 giorni. E lui fu canonizzato nel 1690.

mercoledì 7 gennaio 2015

Santo del giorno

Questo santo è il terzo Maestro Generale dei Domenicani, dopo il fondatore, san Domenico di Guzman, e Giordano di Sassonia. Nato verso il 1175 presso Barcellona, si mise talmente in luce frequentando la scuola della cattedrale che il vescovo lo incaricò di insegnarvi gratuitamente la retorica e la logica. Nel 1210 si recò (a piedi!) a Bologna per studiarvi diritto e, promosso dottore, cominciò a esercitarvi la professione tra un pubblico di nobili e ai letterati. Nel 1218 il vescovo di Barcellona, Berengario IV, venuto a Bologna per chiedere a san Domenico qualche frate predicatore per la sua diocesi, avendo sentito parlare di Raimondo, lo chiamò come docente nel seminario che stava per aprire. Domenico, dal canto suo, mise a disposizione il personale necessario per la fondazione di un convento dove Raimondo, che era stato nominato canonico della cattedrale, entrò lasciando la carica. Nel 1223 aiutò san Pietro Nolasco a fondare l’Ordine dei Mercedari per il riscatto degli schiavi. Poi papa Gregorio IX gli affidò il compito di raccogliere e coordinare tutti gli atti emanati dai pontefici in materia dogmatica e disciplinare e, a lavoro finito, gli offrì l’arcivescovado di Tarragona, che egli però rifiutò volendo rimanere frate. Eletto Maestro Generale dell’Ordine, si sottopose ad una serie di faticosissimi viaggi attraverso l’Europa per visitare i vari conventi e risolverne i problemi. Si dimise per tornare, ormai settantenne, alla sua vita di preghiera, di studio e di formazione dei suoi confratelli. È lui che, per dare gli strumenti culturali necessari all’attività missionaria dell’Ordine, convinse san Tommaso d’Aquino a scrivere la famosa Summa contra Gentiles, il testo che abilita a discutere con persone colte di altre fedi. Dopo una vita di abnegazione, di studio, di predicazione e di preghiera, Raimondo morì quasi centenario nel convento di Barcellona il 6 gennaio 1275. Fu canonizzato da Clemente VIII nel 1601.

martedì 6 gennaio 2015

Santo del giorno

Il nome Epifania rivela l’origine orientale di questa solennità in cui, quando l’Oriente adottò il 25 dicembre per la nascita di Gesù, il tema natalizio lasciò il posto a quello della manifestazione di Cristo ai Magi per mezzo della stella, che è il tema predominante della festa, soprattutto in Occidente. Noi siamo abituati a chiamare “re” i Magi, a ritenere che fossero tre coi nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Nulla di tutto ciò leggiamo però nel racconto di Matteo, l’unico dei quattro Vangeli a parlare di “alcuni Magi” giunti a Gerusalemme dall’Oriente guidati da una stella, che portarono al Bambino in dono oro, incenso e mirra e che, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode a cui avevano chiesto, appena arrivati, dove fosse il neonato re dei Giudei, se ne tornarono poi al proprio paese. Il culto dei Magi - rimasto forte per tutto l’alto Medioevo anche perché i germani convertiti al Cristianesimo, in quanto “barbari” li sentivano come loro patroni – si rafforzò a partire dai secoli VIII-X, quando la festa dell’Epifania si andò più strettamente collegando coi rituali regali e imperiali, e raggiunse l’acme nel XII secolo per volontà di Federico I Barbarossa. Secondo una tradizione del IV-VI secolo, le reliquie dei Magi erano custodite nella chiesa milanese di Sant’Eustorgio (ma nel Duecento Marco Polo ne avrebbe viste altre in una città della Persia). Comunque nel 1164, allorché Milano fu distrutta perché ribelle all’Impero, l’arcicancelliere imperiale Reinaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, le prelevò per portarle nella sua città, deponendole nel duomo di cui era appena stata avviata la costruzione. Là esse riposano ancora oggi e sono state oggetto del grande pellegrinaggio dei giovani guidato, nell’estate del 2005, da Benedetto XVI. Il culto dei Magi dette luogo nel Medioevo a pellegrinaggi e a tradizioni devozionali che ancora perdurano specie nell’Europa centrale, dalla Lombardia e dalla Toscana.

lunedì 5 gennaio 2015

Santo del giorno

Nato il 28 marzo 1811 a Prachatitz in Boemia (allora parte dell’impero austriaco), nel 1831 entrò in seminario e durante gli studi di teologia avvertì la vocazione missionaria. Il vescovo di Budejovice, per non accrescere il già eccessivo numero di preti diocesani, gli differì l’ordinazione sacerdotale a tempo indeterminato; ma poiché il direttore spirituale aveva proposto al giovane di recarsi negli Stati Uniti perché i vescovi nordamericani avevano chiesto l’invio di sacerdoti, egli partì nel febbraio 1836 come semplice chierico e, sbarcato a New York, il vescovo Giovanni Dubois lo ordinò diacono il 24 giugno e il giorno dopo sacerdote, mandandolo subito a prendersi cura dei contadini al nord della diocesi, nella zona delle cascate del Niagara. Bene accolto dai coloni, ma avversato dagli amministratori locali e dai protestanti, egli reagì con uno straordinario zelo aiutando i poveri, curando il decoro della chiesa e il buon funzionamento della scuola. Nel 1840 entrò tra i Redentoristi, i religiosi fondati da S. Alfonso Maria de’ Liguori e dopo la professione (nel 1842) fu incaricato di visitare ogni 3 mesi una decina di stazioni missionarie; poi fu eletto superiore della casa di Pittsburgh e parroco e quindi, dal 1851 al 1852, rettore della chiesa di S. Alfonso a Baltimora. Lì ricevette la nomina a vescovo di Filadelfia. All’indomani del suo ingresso in diocesi cominciò la visita alle scuole, agli asili, agli orfanotrofi, agli ospedali, alle carceri e ai collegi religiosi. Fondò 80 nuove chiese, organizzando in ognuna l’opera delle Quarantore e delle scuole parrocchiali: queste ultime da due salirono a cento, ordinate secondo uno schema didattico ed economico talmente preciso da formare l’ossatura delle moderne scuole cattoliche americane. Per gli ospedali e gli orfanotrofi istituì le suore del Terz’Ordine di San Francesco. Neumann morì d’infarto il 5 gennaio 1860. Beatificato nel 1963 da Paolo VI, fu dallo stesso canonizzato il 19 giugno 1977.

domenica 4 gennaio 2015

Santo del giorno

La sua storia si svolge nell’Umbria di Francesco e Chiara, i cui seguaci avevano dato vita a forme nuove di spiritualità penitenziale destinate ad espandersi nella seconda metà del secolo XIII. Angela nasce ne 1248 da una famiglia benestante. I biografi ce le descrivono come una bella donna, non priva di ambizioni femminili, che nel 1285, colpita dal caso di un suo concittadino che aveva lasciato tutti i suoi beni per scegliere la povertà, fa voto di vivere nel modo più umile possibile e in castità perpetua. In breve tempo le muoiono marito, figli e mamma, e lei vende tutti i suoi beni (possedeva terreni e palazzi), distribuendone il ricavato ai poveri, e si fa terziaria francescana nel 1291. Durante una visita alla basilica superiore di Assisi, cade in ginocchio e comincia a gridare parole incomprensibili e ad agitarsi. Poi il suo confessore metterà per iscritto, traducendo parola per parola in latino, quanto Angela espone: nasce così il Memoriale o Diario in cui la beata racconta la propria esperienza. Da quel momento si alternano visioni estatiche e prove fisiche, agguati diabolici e ostacoli di ogni genere al suo incontro con Gesù. Contemporaneamente attorno a lei si va formando un folto gruppo di ammiratori e la sua fama varca i confini dell’Umbria: anche dall’estero ci si rivolge a lei per chiarimenti, consigli, per sciogliere dubbi, per trovare conforto nel dolore. Frutto di questa attività apostolica sono le sue Istruzioni salutifere e le Lettere. Per celeste rivelazione le fu dato di conoscere in anticipo che stava per chiudersi la sua giornata terrena e per questo volle lasciare ai suoi figli spirituali un testamento sotto forma di lettera che sintetizza con chiarezza e profondità il suo insegnamento. Morì il 4 gennaio 1309. Beatificata nel 1693, è stata canonizzata da papa Francesco il 9 ottobre 2013.

sabato 3 gennaio 2015

Santo del giorno

La principale patrona di Parigi, nata verso il 420 a Nanterre, era ancora bambina quando la presentano ad uno dei personaggi più illustri del tempo, il vescovo Germano di Auxerre, il quale le preannuncia la consacrazione al Signore, che infatti avverrà verso i 15 anni. Morti i genitori, lei va ad abitare a Parigi presso la sua madrina, osservando privatamente i voti come “monaca in casa”. Nel 451 Attila piomba nella Gallia del nord seminandovi il terrore. Le famiglie nobili pensano di fuggire, ma Genoveffa, usando la sua influenza spirituale sulle donne, le convince a restare a Parigi e a pregare perché Dio allontani il massacro. Gli uomini non credono a questa strana profetessa, alcuni la giudicano falsa e tentano persino di lapidarla o di gettarla nella Senna. Ma Attila viene sconfitto ad opera del generale Ezio e Genoveffa diventa la donna più conosciuta di Francia; è in stretta relazione col re Childerico e più tardi lo sarà col figlio Clodoveo, grazie alla cui benevolenza può viaggiare per tutto il Paese occupandosi dei bisogni della gente, soprattutto nei periodi di carestia, soccorrendo i poveri, i malati, i carcerati, e operando prodigiose guarigioni. Genoveffa muore il 3 gennaio del 500 (o secondo altri del 502). Il popolo ne fa subito una santa, per i miracoli che si verificano per sua intercessione dopo la morte. Le sue spoglie, inumate inizialmente in un cimitero su un monte detto Lucotitius, furono traslate in un piccolo oratorio e, successivamente, nella cripta della chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, costruita da Clodoveo per le tombe reali e trasformata, nel 1147, in abbazia. L’aumento della popolazione spinse le autorità ad erigere la chiesa di St. Étienne du Mont, attuale centro di culto della santa. Nel 1793 i rivoluzionari francesi bruciarono le ossa della patrona spargendone le ceneri nella Senna. A St. Étienne – meta tuttora di pellegrinaggi – rimasero però alcune reliquie che erano state in precedenza donate a diverse chiese.

venerdì 2 gennaio 2015

Santo del giorno

La Chiesa ricorda oggi questi due grandi dottori cappadoci e li unisce in un’unica memoria. Basilio nacque nel 330 circa a Cesarea di Cappadocia da una famiglia profondamente cristiana: dei dieci figli, tre furono vescovi (uno è Gregorio di Nissa). Legatosi in amicizia con Gregorio Nazianzeno, diede vita ad una nuova forma monastica cenobitica incentrata sulla preghiera e sul lavoro intellettuale e manuale, qualificandosi con i suoi scritti – la 
Grandi Regole e le Piccole Regole -come legislatore della vita cenobitica in Oriente (san Benedetto in Occidente lo chiama «nostro padre»). Diventato vescovo di Cesarea, si batté con grande zelo contro l’eresia ariana; inoltre fu attivo organizzatore di opere caritative, tanto che l’ospedale per i poveri, i pellegrini e gli infermi fu chiamato “Basiliade”. Egli è anche considerato il “Dottore dello Spirito Santo” sul quale scrisse il suo Trattato; inoltre, dopo essersi ritirato ad Annesi, compose il Giudizio di Dio, un testo severo in cui rimprovera con estremo vigore la Chiesa del suo tempo colpevole di ignorare la Scrittura. Di grande interesse è anche lo suo epistolario, comprendente 365 lettere preziose per la conoscenza della sua dottrina, della sua vita e della storia della Chiesa. Basilio morì nel 379. Gregorio nacque nel 329 ad Ariano, presso Nazianzo, da una madre santa (che curiosamente si chiamava Nonna) e con due santi in famiglia (la sorella Gorgonia e il fratello Cesario). Coetaneo e compagno di studi di Basilio, intorno al 370 fu consacrato vescovo di Sàsima, una piccola diocesi in Asia Minore, ma poi si ritirò per tre anni in un monastero. Lì gli arrivò la nomina a patriarca di Costantinopoli, dove gran parte dei fedeli erano ariani. Lui vi ristabilì la dottrina cattolica, ma poi decise di tornare a Nazianzo dove i suoi concittadini lo volevano come pastore, ma appena trovò un successore gli cedette la carica, dedicandosi fino alla morte (verso il 389) allo studio e alla predicazione. Di lui ci restano 45 discorsi, 244 lettere e molte poesie scritte in una lingua ricca, armoniosa e pura.