"Il segreto della vita cristiana è l'amore. Solo l'amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori." Papa Francesco 8/10/2013

venerdì 31 ottobre 2014

Santo del giorno

Nato a Segovia in Spagna nel 1531, Alfonso si dedicò per parecchio tempo all’attività di mercante. A 35 anni tornò a scuola per proseguire gli studi interrotti in gioventù. Nel 1573, a 42 anni, rimasto vedovo ed essendo morti anche i suoi due figli, si presentò come novizio in un convento della Compagnia di Gesù. Venne accolto ma egli, nonostante il suo notevole bagaglio culturale, volle restare come fratello coadiutore, addetto ai servizi più umili della comunità, e per il resto della vita fu portinaio nella casa-collegio di Monte Sion a Palma de Maiorca, da dove passavano i missionari della Compagnia diretti in America. Dotato di speciali carismi spirituali, devotissimo di Maria, era molto ricercato per consigli e venerato per la sua santità. Per tutti l’incontro con il santo portinaio era un’esperienza decisiva, come nel caso di S. Pietro Claver, allora studente nel collegio di Monte Sion: è rimasta celebre la visione che il Rodriguez ebbe circa il futuro apostolato tra i negri della Colombia dello stesso Claver, diventato poi l’apostolo degli schiavi. Alfonso ebbe da Dio anche il dono di guarire numerosi malati che gli venivano portati nella portineria o che egli visitava nelle loro case. Il suo ultimo anno di vita lo trascorse a letto tra indicibili sofferenze a causa di dolorose piaghe alle gambe e di calcoli renali. Nelle fasi acute della malattia egli pregava così: «Gesù, Maria, miei dolcissimi amori, fatemi la grazia di soffrire e di morire per vostro amore; concedetemi di appartenere tutto a voi, e niente affatto a me stesso». E Gesù e Maria gli apparvero più volte per consolarlo dei dolori, delle vessazioni diaboliche e delle aridità di spirito. Il Rodriguez lasciò molti scritti spirituali, redatti per obbedienza ai superiori, che furono pubblicati in tre volumi. Morì il 31 ottobre 1617 dopo aver pronunciato, con un lungo sospiro, il nome adorabile di Gesù. Leone XII lo beatificò il 20 maggio 1825 e Leone XIII lo canonizzò il 15 gennaio 1888.

mercoledì 29 ottobre 2014

Santo del giorno

È il terzo vescovo di Vercelli dopo Eusebio, il fondatore della diocesi, e dopo il suo primo successore Limenio. Alla morte di questi, nel 396, la comunità vercellese fu agitata e sconvolta da gravi discordie, che impedirono la designazione del nuovo candidato, protraendo a lungo la vacanza della sede. Accresceva il turbamento l’azione disgregatrice di due monaci apostati milanesi, arrivati a Vercelli a diffondere i loro errori circa la disciplina ascetica e la continenza; soffiando sul fuoco delle divisioni interne, essi alimentavano con false dicerie il risentimento verso S. Ambrogio, presentandolo come responsabile delle agitazioni e della ritardata elezione del nuovo vescovo. Ambrogio intervenne dapprima con una lunga e severa lettera ammonitrice Ad ecclesiam vercellensem, che fu l’ultimo suo scritto, e poi di persona per risolvere la situazione. La scelta del candidato cadde su Onorato, membro del cenobio episcopale, il centro di vita comune fondato da Eusebio per la preparazione dei sacerdoti. Tale designazione, data la stima che Onorato godeva da parte di tutto il clero, pacificò gli animi. Dal canto suo, il nuovo vescovo nutrì per Ambrogio gratitudine e devozione filiale, e quanto questi cadde ammalato, nella primavera del 397, accorse a Milano per assisterlo; gli amministrò il santo Viatico, dopo di che Ambrogio spirò serenamente. Delle virtù e delle qualità pastorali di Onorato è testimone il carme, pressoché contemporaneo, che fu inciso sul marmo del suo sepolcro situato presso quello dei suoi due predecessori, Eusebio e Limenio. Esso afferma tra l’altro che il santo insegnò la dottrina sicura, cioè non contaminata dall’arianesimo ancora serpeggiante, né dalle idee che i due monaci apostati avevano propagato a Vercelli. Inoltre, lo presenta come esempio di vita santa e di zelo pastorale. Onorato morì il 29 ottobre dopo circa vent’anni di episcopato ed ebbe subito culto nella chiesa vercellese.

domenica 26 ottobre 2014

Santo del giorno

Nacque a Piacenza verso il 1164 da una famiglia probabilmente oriunda irlandese: si pensa che i suoi antenati fossero arrivati in Italia dopo l’invasione delle isole britanniche da parte dei danesi capeggiati dal loro re Knut. Nel 1186 Folco entrò nell’Ordine dei Canonici Regolari di S. Agostino, che reggevano la parrocchia di S. Eufemia, e da essi fu inviato a Parigi per compiervi gli studi teologici. Nel 1194 fu nominato prevosto di quella stessa parrocchia e il vescovo di Piacenza Grimerio si servì di lui per molti affari e tra l’altro lo incaricò di stendere il discorso di apertura del sinodo tenuto nel 1207. L’anno seguente fu nominato canonico della cattedrale e poco dopo arciprete, onorando nello stesso tempo l’incarico di lettore presso lo studio teologico piacentino, allora particolarmente fiorente. Alla morte di Grimerio, nel 1210, il santo fu eletto dal clero vescovo di Piacenza, ma la scelta non fu confermata da papa Innocenzo III; la sua reggenza di vescovo eletto durò sei anni e soltanto l’11 settembre 1216 ricevette la consacrazione episcopale da papa Onorio III. Nello stesso anno gli elettori di Pavia, diocesi rimasta senza guida per la morte del proprio pastore, lo richiesero al Papa che acconsentì. Nel nuovo campo di apostolato, il vescovo si impegnò con straordinaria energia istituendo mense per i poveri e scuole gratuite per i giovani, intraprendendo riforme di monasteri maschili e femminili e difendendo i diritti ecclesiastici nella lotta con il potere civile. Intervenne anche come paciere nelle contese tra le fazioni. Morto il 16 dicembre 1229, fu sepolto nella cattedrale vicino all’altare di S. Simone, da dove nel 1567 le sue reliquie furono traslate sotto l’altare maggiore insieme a quelle di altri santi, e nel 1614 portate nella cripta. Nel 1878 il vescovo di Pavia mons. Riboldi fece collocare le reliquie del santo in un’urna speciale sotto l’altare maggiore dove si trovano tuttora.

sabato 25 ottobre 2014

Santo del giorno

Nativo di Brescia, ne sarà l’ottavo vescovo. Dotato di una eccellente preparazione culturale, umanistica e religiosa, ci ha lasciato una serie di Trattati (i suoi sermoni e anche parte del suo epistolario) che confermano la sua fama di uomo dotto. Verso il 386 intraprese un viaggio in Terra Santa e attraversando la Cappadocia si fermò a Cesarea in un monastero presieduto da due nipoti di san Basilio, dalle quali ricevette in dono reliquie dei quaranta martiri di Sebaste. Mentre si trovava in Oriente, morì a Brescia il vescovo Filastrio e clero e popolo elessero come successore Gaudenzio. Sant’Ambrogio e gli altri vescovi confinanti approvarono tale designazione e alla delegazione bresciana incaricata di raggiungerlo affidarono delle lettere in cui pregavano i vescovi orientali di negargli la comunione nel caso non avesse accettato. Fu consacrato nel 390 dallo stesso sant’Ambrogio, il quale tenne il discorso d’occasione. Lui poi si recò a Milano e fu invitato da Ambrogio a rivolgere al popolo due discorsi dei quali ci rimane solamente il secondo, il De Petro et Paulo, tenuto il giorno della festa dei due Apostoli. Negli anni 400-402 egli consacrò la chiesa denominata Concilium Sanctorum (Concilio dei Santi, cioè riunione dei testimoni di Cristo), e vi pose le reliquie di San Giovanni Evangelista, degli Apostoli Andrea e Tommaso e dell’Evangelista Luca. Nel 406 papa Innocenzo I e il Concilio romano da lui radunato mandarono a Costantinopoli una delegazione di 5 vescovi – tra cui Gaudenzio – per costringere Arcadio a esaminare la causa di Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli, costretto all’esilio dall’imperatrice Eudossia. Ma l’iniziativa non ebbe successo; comunque il Crisostomo in una lettera espresse sentimenti di ammirazione e di ringraziamento al vescovo bresciano. Gaudenzio morì alla fine del 410 o all’inizio del 411. Le sue ossa riposano nella chiesa di S. Giovanni (già Concilium Sanctorum).

venerdì 24 ottobre 2014

Santo del giorno

Colui che Pio XI chiamò «il Garibaldi della carità» nacque a Fraciscio di Campodolcino (Sondrio), da una famiglia profondamente religiosa, il 19 dicembre 1842. Lo zio, prevosto di Campodolcino, gli ottenne un posto gratuito presso il Collegio Gallio di Como, diretto dai padri Somaschi, dove per sei anni studiò con ottimi risultati. Nel 1860 entrò nel seminario diocesano e durante gli studi di teologia conobbe san Giuseppe Benedetto Cottolengo e san Giovanni Bosco. Ordinato prete nel 1866, si dedicò a istruire e a educare i giovani, in gran parte analfabeti, a curare i malati e ad aiutare i poveri. A causa di difficoltà con le autorità civili, fortemente anticlericali, si recò a Torino rimanendo per tre anni con Don Bosco ed emettendo i voti; ma il suo vescovo lo richiamò a Como. Nominato parroco a Pianello Lario nel 1881, vi trovò un ospizio per orfanelli e un ricovero di vecchi e di invalidi, serviti da una comunità religiosa in formazione. Il Guanella si pose con tutte le sue forza a coltivare quel “granello di senape”, avendo come intelligente collaboratrice suor Marcellina Bosatta. Nel 1886 trasferì l’opera a Como in locali più ampi e adatti e la denominò “Piccola Casa della Divina Provvidenza” in omaggio al Cottolengo. Alle suore egli diede il nome di Figlie di S. Maria della Provvidenza. Fondata poi una seconda famiglia religiosa, i Servi della Carità, il 28 marzo 1908 egli pronunciò i voti religiosi con i primi compagni, dedicandosi ad assistere i derelitti, a soccorrere le vittime dei terremoto di Messina (1908) e della Marsica (1915), ad aprire scuole diurne e serali e ad occuparsi degli emigrati in America. Nel 1913 fondò l’Arciconfraternita del Transito di S. Giuseppe che oggi conta oltre 10 milioni di iscritti nel mondo. Colpito da apoplessia il 27 settembre 1915, morì il 24 ottobre a Como. Paolo VI lo ha proclamato beato il 25 ottobre 1964. Canonizzato da Papa Benedetto XVI, il 23 ottobre 2011.Colui che Pio XI chiamò «il Garibaldi della carità» nacque a Fraciscio di Campodolcino (Sondrio), da una famiglia profondamente religiosa, il 19 dicembre 1842. Lo zio, prevosto di Campodolcino, gli ottenne un posto gratuito presso il Collegio Gallio di Como, diretto dai padri Somaschi, dove per sei anni studiò con ottimi risultati. Nel 1860 entrò nel seminario diocesano e durante gli studi di teologia conobbe san Giuseppe Benedetto Cottolengo e san Giovanni Bosco. Ordinato prete nel 1866, si dedicò a istruire e a educare i giovani, in gran parte analfabeti, a curare i malati e ad aiutare i poveri. A causa di difficoltà con le autorità civili, fortemente anticlericali, si recò a Torino rimanendo per tre anni con Don Bosco ed emettendo i voti; ma il suo vescovo lo richiamò a Como. Nominato parroco a Pianello Lario nel 1881, vi trovò un ospizio per orfanelli e un ricovero di vecchi e di invalidi, serviti da una comunità religiosa in formazione. Il Guanella si pose con tutte le sue forza a coltivare quel “granello di senape”, avendo come intelligente collaboratrice suor Marcellina Bosatta. Nel 1886 trasferì l’opera a Como in locali più ampi e adatti e la denominò “Piccola Casa della Divina Provvidenza” in omaggio al Cottolengo. Alle suore egli diede il nome di Figlie di S. Maria della Provvidenza. Fondata poi una seconda famiglia religiosa, i Servi della Carità, il 28 marzo 1908 egli pronunciò i voti religiosi con i primi compagni, dedicandosi ad assistere i derelitti, a soccorrere le vittime dei terremoto di Messina (1908) e della Marsica (1915), ad aprire scuole diurne e serali e ad occuparsi degli emigrati in America. Nel 1913 fondò l’Arciconfraternita del Transito di S. Giuseppe che oggi conta oltre 10 milioni di iscritti nel mondo. Colpito da apoplessia il 27 settembre 1915, morì il 24 ottobre a Como. Paolo VI lo ha proclamato beato il 25 ottobre 1964. Canonizzato da Papa Benedetto XVI, il 23 ottobre 2011.

giovedì 23 ottobre 2014

Santo del giorno

Questo grande teologo e predicatore nacque a Capestrano (L’Aquila) il 24 giugno 1386 da un barone tedesco e da madre abruzzese. Terminati gli studi presso l’Università di Perugia, tornato a Capestrano per concludere il suo matrimonio (mai consumato) con la figlia del conte di San Valentino, nel 1413 fu eletto tra i sei giudici incaricati dell’amministrazione della giustizia a Perugia; due anni dopo la città fu occupata da Braccio da Montone e Giovanni venne incarcerato. Durante la prigionia ebbe la visione di S. Francesco d’Assisi che lo invitava a entrare nel suo Ordine. Il 4 ottobre 1416 vestiva l’abito francescano e quando la sposa andò da lui supplicandolo di non abbandonarla, egli la convinse a tornarsene in famiglia e a mantenersi vergine. Dopo la professione passò a Fiesole per compiervi gli studi, avendo come Guardiano e professore san Bernardino da Siena. Nel 1425 fu ammesso al sacerdozio e papa Martino V lo nominò Inquisitore dei Fraticelli, ribelli ed anarchici contro l’ordine morale e sociale. Da allora egli non ebbe più residenza fissa: efficace predicatore in varie città, in Francia e in Germania, fu poi Legato Apostolico in Austria, Baviera, Slesia e Polonia; fu zelante contro gli Ussiti di Boemia e per la crociata contro i turchi. Nel 1455 seguì le armate di Giovanni Uniate e con la sua infiammata parola contribuì alla vittoria di Belgrado, nel 1456, dopo la quale papa Callisto III istituì, in memoria, la festa della Trasfigurazione di Cristo. A causa dei disagi della guerra, Giovanni contrasse la malattia che lo portò alla morte il 23 ottobre 1456 a Villaco, in Austria. Il suo decesso fu un vero lutto internazionale, ma anche glorioso per le continue visite di pellegrini devoti presso la sua salma. Per difficoltà di varia natura sopraggiunte durante il processo di canonizzazione, Giovanni fu iscritto nell’albo dei santi da Alessandro VII soltanto il 16 ottobre 1690.

mercoledì 22 ottobre 2014

Santo del giorno

Nato in Irlanda negli ultimi anni del secolo VIII da nobili genitori cristiani, Donato fu avviato agli studi nei quali fece tali progressi da superare tutti i suoi coetanei. Desideroso di maggiore perfezione, nell’816 lasciò la famiglia e la patria e si mise a peregrinare per varie regioni giungendo fino a Roma. Nel ritorno verso l’Irlanda, arrivò a Fiesole proprio mentre il clero e il popolo trattavano dell’elezione del nuovo vescovo; mossi da divina ispirazione, i fiesolani scelsero proprio lo sconosciuto pellegrino che, dapprima riluttante, dovette poi piegarsi ai loro desideri. Era l’anno 829. Ben poco sappiamo del suo governo pastorale a Fiesole, durato oltre quarant’anni. Combatté con successo contro gli usurpatori dei beni della Chiesa e nell’866 si portò a Capua dove ebbe da Lotario II la conferma dei beni già concessi al suo predecessore Alessandro con esenzioni e diritti vari. E in quello stesso anno, alla testa dei suoi vassalli, accompagnò il figlio di Lotario, Ludovico, nella campagna contro i Saraceni nell’Italia meridionale. Nell’850 a Roma aveva assistito alla incoronazione di Ludovico fatta da papa Leone IV: in quella occasione, aveva preso parte col Papa e con l’Imperatore ad un giudizio per risolvere una vecchia questione pendente tra i vescovi di Arezzo e di Siena, risolta a favore di quest’ultimo. Donato fu uomo di lettere e come tale si preoccupò dell’istruzione del clero e della gioventù. Scrisse diverse opere delle quali però ci rimangono un Credo, poetico, recitato fra gli amici e i discepoli prima di morire, e le Lodi di Santa Brigida, patrona dell’Irlanda. Per i suoi connazionale irlandesi pellegrini in Italia fondò a Piacenza con mezzi propri la chiesa di S. Brigida con annesso ospedale e ospizio che poi, dotati di numerosi beni, donò nell’850 al monastero di S. Colombano di Bobbio. Morì a Fiesole tra l’874 e l’877. Sepolto nella primitiva cattedrale, nel 1817 i suoi resti furono traslati in quella nuova.

martedì 21 ottobre 2014

Santo del giorno

Il nucleo originale della leggenda che riguarda sant’Orsola lo conosciamo perché alla fine del XIII secolo il domenicano Jacopo da Varazze la inserì nella sua Legenda aurea, la grande raccolta di leggende dei santi disposte secondo il calendario liturgico. La tradizione raccolta da Jacopo risale a una Passio del X secolo che narra di una giovane bellissima, Orsola, figlia di un re bretone, la quale aveva accettato di sposare il figlio del re pagano d’Inghilterra, avendo costui promesso di convertirsi alla fede cristiana. Essa partì con molte vergini che costituivano il suo seguito (poi divenute 11.000 in seguito a errate letture paleografiche) per raggiungere lo sposo. La comitiva, dopo una sosta a Roma, tornata al nord prese la via fluviale del Reno per raggiungere l’Inghilterra, ma in seguito alla segnalazione di alcuni perfidi pagani ancora presenti a Roma, fu intercettata e sterminata a Colonia dagli Unni. Sembra che a Colonia fossero attestate almeno sin dall’VIII secolo reliquie di alcune giovani donne. Molti testi liturgici (martirologi, calendari, litanie) forniscono i nomi di alcune delle compagne di Orsola. Il primo testo liturgico sicuro che ne attesta il culto è, a quanto sembra, quello relativo alla metà del IX secolo, il Sermo in natali sanctarum Coloniensium virginum, seguito al martirologio di Wandalberto di Prüm, compilato più o meno nello stesso periodo. Col tempo, scritti agiografici di tono sempre più romanzesco presero a crescere attorno a questo più antico nucleo. Nel XII secolo furono scoperte presso la basilica di Sant’Orsola a Colonia varie ossa appartenenti a uomini, donne e bambini, ma nulla autorizza a collegarle a resti di martiri. La leggenda di Sant’Orsola ha ispirato vari cicli pittorici a Colonia e da noi a Venezia, a cura del Carpaccio. Nel 1535 la desenzanese sant’Angela Merici fondò a Brescia l’ordine delle Orsoline, dedito innanzitutto all’educazione delle fanciulle, delle quali appunto Orsola è la patrona. Ma molte congregazioni sono sorte ispirandosi questa santa: l’Annuario Pontificio ne elenca una trentina.

lunedì 20 ottobre 2014

Santo del giorno

Nata a Brendola (Vicenza) il 6 ottobre 1888 da una famiglia di poverissimi contadini, Anna Francesca fu costretta a interrompere la scuola dopo la terza elementare entrando a servizio presso una famiglia di agricoltori. A tredici anni emise privatamente il voto di verginità e sentì nascere la vocazione religiosa, ma il parroco la sconsigliò dicendo che, ignorante com’era, un istituto non avrebbe saputo che farsene di lei. Poi però nel 1904 la presentò alle Maestre di Santa Dorotea di Vicenza e l’anno dopo la ragazza entrò in noviziato col nome di Maria Bertilla; le furono affidati i lavori più gravosi al forno, in lavanderia e all’acquaio. Durante l’anno di tirocinio nell’ospedale di Treviso, non essendo ritenuta capace di compiere l’ufficio di infermiera, fu destinata come sguattera in cucina. Dopo la professione (nel 1907) fu però nuovamente mandata all’ospedale di Treviso per sostituire d’urgenza una suora nel reparto di segregazione dei bambini difterici, e qui rivelò abilità, prontezza e oculatezza che stupirono anche i sanitari. Da allora fu collocata nelle corsie dell’ospedale rimanendovi fino alla morte. Per rendersi idonea a tale compito, aveva conseguito il diploma di infermiera. Infaticabile di giorno e di notte, si addossava anche le veglie notturne delle consorelle o i loro incarichi più pesanti; con delicata discrezione sapeva facilitare ai malati l’adempimento dei doveri religiosi. Dopo essere stata all’età di 22 anni operata di un tumore, riprese le solite occupazioni. Durante la guerra del 1915-18, fu necessario sgombrare Treviso e lei seguì i malati in Brianza e per circa un anno a Viggiù (Varese) dove non le mancarono dolorose incomprensioni da parte della superiora. Tornata a Treviso, essendosi riprodotto il tumore, fu nuovamente operata ma il suo fisico non resistette e suor Maria Bertilla morì il 20 ottobre 1922. Fu beatificata da Pio XII l’8 giugno 1952 e canonizzata da Giovanni XXIII l’11 maggio 1961.

domenica 19 ottobre 2014

Santo del giorno

Paolo Danei, nato a Ovada (Alessandria) il 3 gennaio 1694, non aveva ancora vent’anni quando ebbe una intensa e decisiva esperienza interiore di Dio come amore e misericordia, che gli fece vedere in modo totalmente nuovo la vita e fu per lui l’inizio di una profonda trasformazione: dopo aver rinunciato ad arruolarsi nell’esercito con la Repubblica di Venezia in seguito all’invito lanciato da Clemente XI per una guerra contro i turchi, rifiutò l’eredità offertagli da uno zio sacerdote e la proposta di un conveniente matrimonio, sentendosi chiamato a fondare una congregazione centrata sulla memoria della Passione di Cristo, vista come «la più grande e stupenda opera del divino amore». Si consigliò col vescovo di Alessandria il quale gli impose un periodo di 40 giorni di discernimento invitandolo a scrivere la Regola. Nel 1727 fu ordinato sacerdote a Roma da papa Benedetto XIII, che già due anni prima lo aveva incoraggiato a perseverare nella sua vocazione. Nel 1737 sul Monte Argentario (Grosseto) iniziò una comunità passionista in un primo convento – da lui denominato “ritiro” - in cui i religiosi avrebbero dovuto dedicarsi alla preghiera e allo studio per diventare buoni predicatori e direttori spirituali. Nel 1741 Benedetto XIV dava la prima approvazione alla congregazione e l’11 giugno Paolo con sei compagni faceva la sua professione pubblica assumendo il nome “della Croce” e cominciando a portare sul petto il segno distintivo della Passione, un cuore con il nome di Gesù sormontato da una croce. Continuò la sua attività di missionario itinerante percorrendo paesi e città dell’Italia settentrionale, privilegiando la gente più bisognosa dal punto di vista religioso. Nel 1771 diede vita anche ad una comunità femminile, che nel 1815 assunse il nome di Suore Passioniste di San Paolo della Croce. Il Fondatore morì a Roma il 18 ottobre 1775. Pio IX lo beatificò nel 1852 e lo canonizzò il 29 giugno 1867.

sabato 18 ottobre 2014

Santo del giorno

San Paolo, nei saluti finali della Lettera ai Colossesi, parla di «Luca, il caro medico» mentre nella Lettera a Filemone lo cita come uno dei «collaboratori», e nella Seconda lettera a Timoteo confessa di averlo accanto a sé come fedele amico. Ma Luca è soprattutto “evangelista”, avendo composto il più lungo dei quattro Vangeli. La leggenda l’ha voluto anche pittore, soprattutto di icone mariane, le più note delle quali si conservano in Santa Maria Maggiore a Roma (la Madonna Salus populi Romani) e presso la Madonna della Guardia a Bologna. In realtà, i più bei dipinti Luca ce li ha lasciati nel suo Vangelo e nella sua seconda opera, gli Atti degli Apostoli, un vivo e intenso ritratto della Chiesa delle origini. Luca era un pagano, nato ad Antiochia. Secondo il Canone Muratoriano, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, non conobbe Gesù sulla terra, non fu quindi uno dei settantadue discepoli; lo troviamo accanto a Paolo la prima volta nel secondo viaggio missionario (verso il 50) da Troade a Filippi e poi nel viaggio di ritorno di Paolo a Gerusalemme: qui probabilmente ebbe occasione di incontrare qualcuna di quelle donne che egli solo menziona nel suo Vangelo e quei «ministri della parola» che furono una delle fonti del suo scritto. Accompagna Paolo nel suo fortunoso viaggio verso Roma ed è con lui nella prima e nella seconda prigionia romana. Nulla di certo sappiamo di lui dopo la morte di Paolo. Chi lo descrive come evangelizzatore in Dalmazia, Gallia, Italia e Macedonia, chi in Egitto e nella Tebaide. L’agiografia orientale gli attribuisce una morte naturale a 84 anni. Luca fu preso a patrono di molte accademie, società e corporazioni di artisti. Fra queste ricordiamo l’Accademia di San Luca in Roma, che accoglie pittori, scultori e architetti. Patronato ben giustificato perché, anche se non impresse nella tela le fattezze del volto di Maria, ne ha dipinto finemente nel Vangelo la fisionomia spirituale.

venerdì 17 ottobre 2014

Santo del giorno

Fu il terzo vescovo di Antiochia, in Siria, terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d'Egitto e di cui san Pietro era stato il primo vescovo. Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, convertendosi in età non più giovanissima. Mentre era vescovo ad Antiochia, l'Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto, in catene, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell'Imperatore e i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati dalle belve. Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere, in cui raccomandava di fuggire il peccato, di guardarsi dagli errori degli Gnostici, di mantenere l'unità della Chiesa. Di un'altra cosa poi si raccomandava, soprattutto ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non salvarlo dal martirio. Nell'anno 107 fu dunque sbranato dalle belve verso le quali dimostrò grande tenerezza. «Accarezzatele " scriveva " affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno».

giovedì 16 ottobre 2014

Santo del giorno

Ha dedicato la sua vita a promuovere la riconoscenza al Signore per il suo amore a tutte le creature, amore da lei “visualizzato” con immagine singolare e inedita come “Sacro Cuore di Gesù”. Nata a Verosvres in Borgogna il 22 luglio 1647, ultima di cinque figli di un notaio di provincia, alla morte del padre Margherita è affidata al convento delle clarisse per l’istruzione, ma dopo due anni deve tornare a casa per una malattia reumatica. Nel 1671 entra nel monastero della Visitazione a Paray-le-Monial, dopo aver assistito per alcuni anni la madre ammalata. Aggiunge il nome di Maria a quello di battesimo e pronuncia i voti nel novembre 1672. Destinataria di comunicazioni soprannaturali, riferirà di avere visto il cuore del Redentore trafitto da spine e sormontato da una croce, a significare le offese continuamente ricevute, nella vita terrena e dopo. La sua vicenda spirituale, che provocava un certo disagio nel monastero, era seguita da padre Claudio de la Colombière, gesuita canonizzato nel 1992, e dai suoi confratelli: tutti giudicarono autentiche le rivelazioni di Margherita Maria, facendosi sostenitori della devozione al Cuore di Gesù, la cui festa liturgica fu celebrata per la prima volta a Paray-le-Monial nel 1686. La santa, però, nel monastero continuava a svolgere i compiti interni che le venivano assegnati: maestra delle novizie per molti anni, e poi assistente della madre superiora. Aveva ancora quell’incarico quando morì, a 43 anni, il 17ottobre 1690. Lento è stato il cammino della causa per la sua canonizzazione, dapprima per la scarsa compatibilità tra lo spirito devozionale che Margherita Maria propagava e il rigore del movimento giansenista; e più tardi per le vicende e gli strascichi della Rivoluzione francese. Beatificata da Pio IX nel 1864, fu proclamata santa nel 1920 da Benedetto XV. La festa del Sacro Cuore di Gesù si celebra tuttora nella Chiesa il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini.

mercoledì 15 ottobre 2014

Santo del giorno

Teresa di Gesù, nata ad Avila nel 1515 , è universalmente riconosciuta come maestra di dottrina e di esperienza spirituale, al punto che è stata la prima donna cui è stato riconosciuto (da Paolo VI il 27 settembre 1970) il titolo di Dottore della Chiesa (pochi giorni dopo, identico riconoscimento toccò a Caterina da Siena). La sua infanzia fu segnata dal dono di una nativa familiarità con Dio; dopo aver maturato il convincimento interiore che Dio meritava “tutto”, a vent’anni entrò nel monastero carmelitano della sua città, che aveva quasi 180 monache ed era molto frequentato da chi voleva intrattenere con le religiose rapporti di amicizia, non privi di qualche mondanità. Nel 1554, Gesù le fece sperimentare con grazie interiori e visioni una preghiera fatta non solo di atti, ma estesa a tutta la vita, in modo che respirare e pregare fossero la stessa cosa. Nel 1562 accettò il consiglio di alcune consorelle che le chiedevano di fondare un “piccolo convento” abitato da poche suore dedite a questa esperienza di preghiera totalizzante. Nacque così ad Avila il primo monastero di carmelitane scalze che attirò numerose vocazioni, costringendo Teresa a percorrere l’intera Spagna e a disseminarvi 17 piccoli monasteri. Per dare un aiuto alle sue monache lavorò anche per “riformare” il ramo maschile dell’Ordine, coinvolgendo nell’impresa quel Giovanni della Croce che sarebbe diventato santo e Dottore della Chiesa. Di particolare valore è l’Autobiografia, definita da lei «il libro delle misericordie del Signore», e il Cammino di Perfezione in cui espone la maniera con cui si può educare un’intera comunità. Nell’ultimo periodo della sua vita, scrisse di getto il Castello interiore, considerato uno dei vertici della letteratura mistica. Più narrativo invece il Libro delle fondazioni, la storia delle sue fondazioni. Teresa di Gesù morì ad Alba de Tormes il 4 ottobre 1582 (il giorno dopo, per la correzione gregoriana del calendario, diventò il 15 ottobre).

lunedì 13 ottobre 2014

Santo del giorno

Unica fonte storica di una certa importanza su Romolo è una breve Vita anonima, la cui composizione viene fatta risalire ai secoli X–XI; ma da essa non è possibile dedurre con precisione il tempo in cui visse: secondo alcuni tra il secolo IV e il V. Questo santo succedette sulla cattedra genovese ai gloriosi san Felice e san Siro. Nota caratteristica del suo ministero pastorale fu la bontà: «Sembrava più un padre che un signore», scrissero di lui, «era il padre dei poveri» e dimostrò una capacità straordinaria di comporre dissidi di ogni genere. Secondo la tradizione locale egli aveva ricevuto la sua formazione religiosa a Matuta (l’odierna Sanremo); fu poi eletto vescovo di Genova e, in seguito, per sfuggire alla persecuzione ariana degli invasori longobardi, si ritirò a vivere in strettissima penitenza nell’entroterra di Matuta, in una zona chiamata ancora oggi di san Romolo, dentro una grotta detta bauma dove sarebbe poi morto. Sepolto nella chiesa di S. Siro, fu subito oggetto di grande venerazione per i prodigi verificatisi davanti alla sua tomba. Durante l’episcopato genovese di Sabatino, poiché la Riviera di Ponente era infestata dalle scorrerie dei Saraceni, le reliquie del santo furono traslate solennemente via mare a Genova. Di esse fu fatta una ricognizione canonica nel 1188 nella cattedrale di S. Lorenzo. Durante tutto l’Alto Medioevo il santo fu venerato come patrono speciale di Sanremo: si tramandano un gran numero di fatti prodigiosi attribuiti alla sua intercessione per la difesa di questa terra dagli invasori stranieri. A partire dal secolo XI, diede pure il suo nome all’antica Matuta, nome che si cambiò verso il secolo XV nell’attuale Sanremo (probabilmente derivato dalla voce dialettale “San Römu”). Romolo fu pure molto venerato anche a Genova: dopo san Siro, fu il vescovo che ricevette maggior culto. La sua festa si celebra oggi 13 ottobre, data tradizionale della sua morte.

domenica 12 ottobre 2014

Ecco i prossimi eventi della Parrocchia! vi aspettiamo!

Santo del giorno

Nato nel 1540 a Montegranaro in provincia di Ascoli Piceno da una famiglia di poveri contadini, Felice Giovannuzzi si dedicò a pascolare il gregge e, alla morte del padre, aiutò il fratello muratore come manovale. Mentre eseguiva dei lavori in una casa di Loro Piceno, ascoltando la figlia del padrone che leggeva libri spirituali, sentì la chiamata alla vita religiosa e, consigliato dalla giovane, bussò al convento dei cappuccini di Tolentino dove, alla vestizione, prese il nome di Serafino. Peregrinò si può dire per tutti i conventi delle Marche perché, nonostante la buona volontà che poneva nell’espletamento dei suoi compiti, non riusciva ad accontentare i superiori, che non gli risparmiavano rimproveri e castighi, accettati sempre a lui con grande umiltà. Si riscattò come portinaio e cercatore perché, a contatto coi più svariati ceti, sapeva trovare parole opportune, squisita delicatezza di sentimenti e perfetta fusione tra la semplicità dei suoi modi e la gravità dell’uomo maturo, per condurre gli uomini a Dio. In molti episodi della sua vita sembra che si rivivano i tratti più salienti di quella del Poverello di Assisi, o alcune delle pagine più caratteristiche dei Fioretti francescani. Attorno al 1590 si stabilì definitivamente ad Ascoli, nel convento di S. Maria in Solestà. La città si affezionò talmente a lui che nel 1602, essendosi diffusa la notizia che intendevano trasferirlo in altro luogo, le autorità scrissero subito ai superiori per sventare la minaccia. L’umile fraticello, messaggero di pace e di bene, esercitava infatti un influsso grandissimo presso tutti i ceti e la sua parola – o la semplice sua presenza – riusciva a ricomporre situazioni difficili, a placare odii inveterati, a infervorare alla virtù, a moderare i costumi. La morte lo colse il 12 ottobre 1604 e tutta Ascoli si commosse, accorrendo per venerarne la salma. Benedetto XIII lo beatificò nel 1729 e Clemente XIII lo canonizzò il 16 luglio 1767.

sabato 11 ottobre 2014

Santo del giorno

Angelo Roncalli nacque a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 è Nunzio a Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, assumendo il nome di Papa Giovanni XXIII. Avviò il Concilio Vaticano II, un evento epocale nella storia della Chiesa. Morì il 3 giugno 1963. Un breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, in cui egli riuscì a farsi amare dal mondo intero. È stato beatificato il 3 settembre del 2000 e canonizzato il 27 aprile 2014.

venerdì 10 ottobre 2014

Santo del giorno

«Precursore, evangelizzatore, profeta, pioniere, gigante missionario, promotore, liberatore, sacerdote e vescovo dal cuore magnanimo che sa perdonare e specialmente amico dell’Africa, per la quale non esita a sacrificare tutto». Così lo ha definito, con un ritratto fedele, il cardinale Arinze. Nato il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, Daniele Comboni dopo il ginnasio entra nell’istituto di don Nicola Mazza, che accoglie giovani di famiglie povere desiderosi di istruirsi. In quel periodo sorgono un po’ dovunque istituti missionari e arrivano in Africa le prime Suore. Da canto suo, nel 1845 Gregorio XVI, che ha confermato la condanna dello schiavismo, consacra i primi vescovi di colore. Daniele, nel gennaio 1849, giura davanti al superiore di consacrare la sua vita all’apostolato dell’Africa Centrale. Ordinato prete nel 1854, tre anni dopo partecipa a una spedizione missionaria a Khartoum, ma è costretto a rientrare in Italia dopo la morte di tre compagni. Nel 1864, mentre a Roma prega sulla tomba di san Pietro, gli viene l’idea di stendere quello che sarà il suo “Piano per la rigenerazione dell’Africa” per mezzo degli africani, da attuarsi coniugando evangelizzazione e promozione umana. Nel 1867 nasce l’Istituto maschile per le Missioni della Nigrizia, non senza ostacoli a causa di calunnie da parte dei camilliani facenti parte della spedizione. Nel gennaio 1872 spunta anche il ramo femminile, le Pie Madri della Nigrizia. Nel 1877 don Daniele è nominato Vicario Apostolico dell’Africa Centrale, mentre prosegue l’opera di “rigenerazione” da parte degli africani: accanto alle maestre nere si vanno formando famiglie di cristiani autoctoni in grado di trasmettere la fede e di mantenersi coi vari mestieri e con l’agricoltura. Tornato dall’Italia dopo un’altra spedizione, il 2 ottobre 1881 è assalito da violente febbri e spira il 10 ottobre. Giovanni Paolo II lo ha beatificato nel 1996 e canonizzato il 5 ottobre 2003.

giovedì 9 ottobre 2014

Santo del giorno

A ventisei anni è farmacista a Lucca, frequenta il gruppo dei “Colombini” diretto dai domenicani, nel quale si coagulava una decisa esperienza di riforma religiosa. Lasciata la bottega dello speziale, nel 1572 a trentadue anni diventa sacerdote. Comincia insegnando ai bambini, poi il vescovo gli affida la catechesi degli adulti, per i quali il santo redige un apprezzato catechismo. Successivamente, fonda la Compagnia della dottrina cristiana gestita da laici, poi la congregazione dei Preti riformati che assumerà il nome di Chierici Regolari della Madre di Dio. Ma a Lucca è avversato da ambienti vicini alla Riforma protestante e da un certo clero, al punto che nel 1584, mentre si trova a Roma, viene bandito in perpetuo da Lucca con la scusa che disturba l’ordine pubblico e manca di rispetto all’autorità costituita. Il fatto crea divisioni tra i suoi religiosi, ma nell’insieme la comunità resiste, mentre a Roma cresce il prestigio del Fondatore: papa Clemente VIII gli affida importanti incarichi, tra cui quello di risolvere delicate situazioni tra il vescovo di Nola e il vicerè di Napoli, nonché la direzione spirituale di alcuni monasteri e compiti di riforma nella Congregazione di Montevergine, tra i benedettini di Vallombrosa e i Serviti di Montesenario. Tra il 1607 e il 1608, con lo spagnolo G. Battista Vives e il gesuita Martín de Funes, dà vita al progetto per il Collegio di Propaganda Fide, di cui è considerato il confondatore. Della stessa epoca è il celebre Memoriale a Paolo V per la riforma generale della Chiesa, in cui sollecita il Papa a promuovere una serie di interventi che consentano una profonda revisione interiore. Giovanni muore a Roma l’8 ottobre 1609. Sepolto in Santa Maria in Portico, fu traslato nella chiesa di S. Maria in Campitelli, divenuta sede generalizia dell’Ordine. Pio IX lo beatificò nel 1861, mentre la canonizzazione avvenne il 17 aprile 1938. Recentemente, Benedetto XVI ha benedetto una statua del santo collocata nei giardini vaticani.

domenica 5 ottobre 2014

Santo del giorno

Faustina Kowalska, nata in un villaggio polacco il 25 agosto 1905 e battezzata col nome di Elena, era la terza di dieci figli di una famiglia contadina nella Polonia allora divisa tra gli imperi russo, tedesco e austriaco. Dopo tre anni discuola, fu mandata a servizio presso varie famiglie per aiutare i genitori che versavano in una difficile situazione economica. Lei pensava di farsi religiosa, ma poté realizzare la sua vocazione soltanto nell’agosto 1925 entrando nella comunità della Vergine della Misericordia, a Varsavia, come suora conversa, prendendo il nome di Maria Faustina. Fece la cuoca, la giardiniera, la portinaia in quasi tutte le case della congregazione tra cui quelle di Varsavia, Vilnius e Cracovia. Ma contemporaneamente, conducendo una vita spirituale molto intensa, era destinataria di visioni e rivelazioni che i suoi confessori le suggerirono di annotare in un diario, da lei intitolato «La divina misericordia nell’anima mia», e che venne poi tradotto e pubblicato in diverse lingue: si tratta di un resoconto particolareggiato di profonde rivelazioni e di esperienze spirituali. Suor Maria Faustina morì a soli 33 anni il 5 ottobre 1938, offrendosi alla misericordia divina come vittima per la conversione dei peccatori. Nel secondo anno della guerra 1939-1945 si cominciò a divulgare la devozione a Gesù Misericordioso, non soltanto in Polonia ma anche altrove, e con essa anche il culto dell’apostola di questa devozione. Nel 1965 si iniziò a Cracovia, di cui era allora arcivescovo mons. Karol Wojtyla, l’inchiesta diocesana, a cui fece seguito a Roma il processo presso la Congregazione per le Cause dei Santi: Giovanni Paolo II la beatificò il 18 aprile 1993 e il 30 aprile del 2000 la iscrisse nell’albo dei santi. Fu questa la prima canonizzazione celebrata da Giovanni Paolo II.

sabato 4 ottobre 2014

S. Francesco d’Assisi 4 Ottobre

Davanti al Crocifisso nella Chiesa di S. Damiano il giovane Francesco, venticinque anni, nel 1206 prese la decisione di seguire Gesù Cristo spogliandosi di tutto.
Il 24 febbraio del 1209 nella  Porziuncola ascoltando il brano del vangelo di Matteo (10, 5 e segg.) ebbe chiara la sua missione: predicare il Regno dei Cieli senza portare con se oro né argento né bisacce, né tuniche né sandali,né bastoni.

Santo del giorno

Francesco di Assisi sembra rappresentare un caso quasi unico fra i santi, non solo a causa delle sue stigmate, ma soprattutto per la rassomiglianza al Cristo anche nella sua vita esteriore. Nato ad Assisi nel 1182 da un ricco mercante, dopo una giovinezza spensierata e avventurosa, partecipò al primo periodo delle lunghe guerre cittadine, ma nel 1206, nella chiesetta di San Damiano, sentì l’invito del Crocifisso «ad andare a riparare la sua Chiesa che andava tutta in rovina» e per questo, rinunciando ai beni paterni per amore di “Sorella Povertà”, si consacrò a Dio e si dedicò alla predicazione morale e penitenziale, annunciando il Vangelo come poverello itinerante in compagnia del primo nucleo dell’ordine mendicante dei Frati Minori. Si recò in Oriente sognando il martirio, tentando la via delle missioni in Marocco, in Egitto, fino in Palestina. facendosi ascoltare anche dai musulmani, come in Egitto, a Damietta, dove predicò alla presenza del sultano Al-Malik Al-Kamil, sovrano benevolo e prudente, aprendo così un vasto campo di apostolato missionario ai suoi figli. Inviò i primi suoi frati tra il 1217 e il 1219 in varie nazioni d’Europa e nel Marocco saraceno, dove nel 1220 furono uccisi i cinque protomartiri francescani. Nel 1212, nella chiesetta della Porziuncola fondò con santa Chiara l’ordine delle Clarisse, le Povere Dame di San Damiano. Nel 1223 celebrò a Greccio il Natale con un presepio vivente, cantando il Vangelo (come diacono, non fu mai sacerdote) e predicando. Nell’ultima fase della sua vita, quasi cieco e seriamente malato, fece un’esperienza di trasformazione mistica sigillata dalle stigmate sul monte della Verna. Ferito d’amore, compose il Cantico delle creature e poco prima della morte redasse un commovente testamento. Si spense il 3 ottobre 1226 a 45 anni, disteso nudo nella sua Porziuncola, dopo aver cantato un salmo. Canonizzato due anni dopo da Gregorio IX, nel 1939 fu proclamato patrono d’Italia insieme a santa Caterina da Siena.

venerdì 3 ottobre 2014

Santo del giorno

Il suo tempo è il X secolo, quello dei pontefici nominati, deposti e assassinati (come Benedetto VI, ucciso nel 974) dalle famiglie armate di Roma e del Lazio, e di numerosi monasteri europei, dove ben poco si pregava e ancor meno si lavorava, tanto che alcuni di essi erano diventati luoghi di promiscua baldoria e di malaffare, dove non si esitava a ribellarsi non appena compariva un abate che parlava di penitenza, povertà e disciplina. Di famiglia nobile, Gerardo fin da giovane fu preso dall’ideale della vita religiosa. Dopo un’iniziazione alla vita monastica a Saint-Denis, presso Parigi, fondò nelle proprie terre un’abbazia benedettina insieme ad alcuni religiosi venuti da Saint-Denis. Era il tempo in cui, nel 910, il monaco Bernone riuniva a Cluny alcuni confratelli fedeli alla regola di San Benedetto muovendo i primi passi verso la riforma cluniacense. Uomo virtuoso e monaco esemplare, conosciutissimo dalle famiglie potenti delle regioni vicine al suo monastero, Gerardo attirò presto l’attenzione dei principi, specialmente di Gisleberto di Lotaringia (questo l’antico nome della Lorena) e di Arnaldo di Fiandra, che lo chiamarono per risollevare i loro monasteri decaduti. Apostolo infaticabile, il santo percorse per venticinque anni la Lotaringia e la Fiandra, restaurando e riformando una dozzina di abbazie. Gli furono di aiuto in questo difficile compito anche alcuni monaci formati da lui, come san Pietro e san Bavone a Gand e san Remigio a Reims. In qualche caso assumeva egli stesso la carica di abate, ma solo per il tempo indispensabile a ristabilire la disciplina, dopodiché ogni monastero riprendeva a vivere per conto proprio. Gerardo morì a Brogne il 3 ottobre 959. A lui si tributava un culto ufficialmente riconosciuto fin dal 1131 e il monastero dove era sepolto diventò rapidamente luogo di pellegrinaggi. Col tempo, Brogne cambiò il proprio nome in quello di Saint-Gérard.

giovedì 2 ottobre 2014

Santo del giorno

Oggi parliamo non di uomini e donne santi, beati o servi di Dio, bensì di spiriti celesti, degli Angeli Custodi. Questa memoria liturgica risale al 1411, quando fu istituita a Valencia una festa speciale dedicata all’ Angelo protettore della città. E dalla penisola iberica, dopo che Sisto V nel 1590 aveva concesso anche al Portogallo un ufficio speciale, tale memoria passò al calendario Romano nel 1608 con Paolo V, che concretò la fede della Chiesa nel rapporto degli angeli con l’umanità istituendo, in seguito alla richiesta di Ferdinando II d’Austria, la festa a loro dedicata il 2 ottobre, data che venne poi confermata definitivamente da papa Pio X. La devozione agli Angeli Custodi, già espressa nella festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, si è sviluppata fin dal Medioevo con preghiere a loro rivolte. Il fondamento biblico della loro concreta protezione si trova nei due testi che vengono letti nella Messa che si celebra oggi: il primo lo troviamo nel libro dell’Esodo (23, 20-23) dove Dio dice a Israele: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti nel cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui»; l’altro brano, tratto dal Vangelo di Matteo (18, 10), ci ricorda le parole di Gesù ai discepoli a proposito dei bambini: «Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio». Sempre nella Messa del giorno, con la colletta si chiede a Dio «che nella sua misteriosa provvidenza mandi dal cielo i suoi angeli a nostra custodia e protezione, e ci conceda nel cammino della vita di essere sempre sorretti dal loro aiuto, per essere uniti con loro nella gioia eterna». Giustamente la Chiesa, tra le preghiere che ogni buon cristiano è invitato a recitare ogni giorno, al mattino e alla sera, raccomanda quella all’ Angelo Custode.

mercoledì 1 ottobre 2014

Santo del giorno

Questa bimba precoce attraversò un periodo difficile dopo la scomparsa della mamma (nel 1877, quando aveva solo quattro anni) e soprattutto quando la sorella Paolina entrò nel Carmelo nel 1882, dove l’avrebbe seguita alcuni anni più tardi un’altra sorella, Maria. Teresa fu guarita dal sorriso della Vergine il 13 maggio 1883. Alla prima comunione sperimentò di sentirsi amata da Gesù e decise di darsi a Lui per sempre. Dopo non poche difficoltà, nel 1888 fu accolta anche lei nel Carmelo, progredendo con sicurezza anche se i primi passi incontrarono più spine che rose. In comunità si occupava di biancheria, della pulizia, del refettorio, della sagrestia, trovando modo anche di dipingere e di comporre poesie. Cominciarono però anche le sofferenze, accettate da lei con amore perché diceva di essere «venuta per salvare anime e soprattutto a pregare per i sacerdoti». Nella meditazione della Parola di Dio trovava quello che era necessario alla propria anima. Il 9 giugno 1895, festa della SS. Trinità, nel ringraziamento alla comunione Teresa si offrì vittima di olocausto all’amore misericordioso di Dio e da quel momento scoprì la sua vocazione: «Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l’amore» disse. E intuì la strada dell’infanzia spirituale per raggiungere la santità: «L’ascensore che deve issarmi fino al cielo», scrisse, «sono le tue braccia, o Gesù! Perciò non ho bisogno di crescere; occorre, al contrario, che io resti piccola, che lo divenga sempre più». Il giovedì santo del 1896 ebbe la prima emottisi, che lei chiamò «l’annuncio dello sposo» e il giorno di Pasqua sperimentò la sua “notte oscura” in preda a spaventose tentazioni contro la fede e la speranza. Prima di spegnersi ripeteva: «Voglio trascorrere il mio Cielo a far del bene sulla terra». Morì il 30 settembre 1897. Beatificata nel 1923 e canonizzata nel 1925 da Pio XI che la dichiarò patrona delle missioni, da Giovanni Paolo II, il 19 ottobre 1997, è stata proclamata Dottore della Chiesa.