"Il segreto della vita cristiana è l'amore. Solo l'amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori." Papa Francesco 8/10/2013
mercoledì 31 dicembre 2014
martedì 30 dicembre 2014
Santo del giorno
Nell’XI secolo, Roberto il Guiscardo crea nel sud dell’Italia il suo regno normanno, insidiato però da ribellioni locali sotto la spinta dell’imperatore d’Oriente. Una di queste è capeggiata dal conte Ermanno di Canne (la località dove Annibale distrusse l’esercito romano nel 216 a. C.), ma viene repressa duramente nel 1083, seminando la distruzione nella città. E qui vediamo comparire il vescovo Ruggero, del quale peraltro sappiamo poco circa la nascita e la giovinezza. L’unica notizia riguarda la sua nomina a vescovo di Canne poco dopo il disastro. Suo primo compito, come emerge da una fonte popolare del XV secolo, è di contribuire alla sopravvivenza della popolazione prostrata dalle conseguenze della guerra. Il suo episcopio era «un puro ospitio che sempre stava aperto de nocte et de giorno ad alloggiare li viandanti et li pellegrini, et le vidue et li pupilli». L’ignoto autore aggiunge che il vescovo «andava scalzo con lo pede nudo per quelle campagne cercando le limosine per li poveri». Dunque un soccorritore instancabile che si assume anche compiti dell’autorità civile dopo il crollo delle istituzioni. Sappiamo inoltre che due pontefici, Pasquale II (1099-1118) e Gelasio II (1118-1119) ricorrevano al suo consiglio e alla sua esperienza per comporre liti e placare rivalità tra ecclesiastici e comunità, in una Chiesa che stava cercando di riformarsi al suo interno. Va detto che, per lungo tempo, il nome di Ruggero fu collegato a leggende che facevano di lui un vescovo del V secolo; a delineare correttamente la sua vicenda storica contribuirono in maniera decisiva gli studi di don Nicola Monterisi, a fine Ottocento. Al santo si attribuirono miracoli fin da quando era ancora in vita e dopo la morte, avvenuta il 30 dicembre 1129. Fu la voce popolare a proclamare subito la sua santità. Fu sepolto nella cattedrale di Canne ma, dopo la distruzione della città, la popolazione si spostò a Barletta dove nel XIII secolo furono traslati anche i suoi re.
lunedì 29 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato a Londra verso il 1118 da una famiglia normanna, dopo aver studiato a Parigi, a 25 anni divenne chierico dell’arcivescovo di Canterbury, Teobaldo, suo compatriota e si recò a Bologna e ad Auxerre per frequentarvi le scuole di diritto. Facendo la carriera di magistrato presso la curia dell’arcivescovo, nel 1154 fu nominato cancelliere del regno da Enrico II. Per 7 anni godette i favori del sovrano, appoggiandone anche gli interessi, ed alla morte di Teobaldo, fu nominato arcivescovo, ricevendo nel 1162 l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale (prima era soltanto diacono). Lasciata la carica di cancelliere, cominciò a subire l’ostilità di Enrico, mal consigliato dal vescovo Foliot, anche per la sua resistenza alle rivendicazioni reali contro la Chiesa, codificate nelle Costituzioni di Clarendon (1164). Isolato e quasi abbandonato dai vescovi inglesi che preferirono riconciliarsi con il sovrano, in un nuovo sinodo a Clarendon egli rifiutò di sigillare quei diritti che limitavano le libertà essenziali della Chiesa, e per questo fu condannato. Travestito, riuscì a fuggire in Francia rimanendovi per sei anni, ma venendo confermato dal Papa nel suo incarico. La scomunica da lui comminata contro i collaboratori di Enrico II impedì una riconciliazione con il re, ma il santo tornò ugualmente in patria, convinto di difendere la causa di Dio contro Cesare, pur prevedendo la sua fine. L’odio implacabile del Foliot e di altri istigò infatti 4 cavalieri ad assassinare nella cattedrale Tommaso che, colpito a morte, cadde steso vicino agli altari della Vergine e di san Benedetto, con le mani alzate in preghiera. Era il 29 dicembre 1170. Fu canonizzato nel 1173. La sua morte eroica portò poi alla riconciliazione del re d’Inghilterra con la Chiesa romana, ma più tardi, sotto Enrico VIII, la sua tomba fu distrutta. La vicenda ha trovato anche una drammatizzazione teatrale ad opera di Eliot (Assassinio nella cattedrale).
domenica 28 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato a Roma il 6 gennaio 1786, da giovane frequentò le scuole del Collegio Romano e successivamente, mentre si preparava al sacerdozio, prese parte attiva a varie confraternite di Roma, distinguendosi soprattutto nell’Opera del Catechismo e portando soccorsi ai sacerdoti anziani dell’ospizio dei Cento Preti. Si deve a lui la rinascita dell’Opera di S. Galla. Ordinato sacerdote il 31 luglio l808, intensificò l’apostolato fra le classi popolari specializzandosi nella evangelizzazione dei “barozzari”, carrettieri e contadini della campagna romana, che avevano i loro depositi di fieno nel Foro Romano, chiamato allora Campo Vaccino. Nel giugno 1810 rifiutò il giuramento a Napoleone e venne condannato all’esilio e al carcere, che scontò per 4 anni. Tornato a Roma nel 1814, mise le sue forze e la sua vita al servizio del papa Pio VII, che gli ordinò di dedicarsi alle missioni popolari, alle quali attese per tutto il resto della vita con zelo instancabile. Quale mezzo efficacissimo per promuovere la conversione dei peccatori scelse la devozione al Sangue di Cristo insieme a quella verso Maria Santissima, di cui si era impegnato con voto a difendere l’Immacolata Concezione. Per meglio raggiungere il suo intento, il 15 agosto 1815 fondò la congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, di cui fece parte anche Giovanni Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, e nel 1834 le Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue. Lottò coraggiosamente contro la massoneria, convertendo intere logge e mettendo in guardia il popolo dalla loro propaganda satanica. Riuscì anche, con le sole armi della religione, a ridurre la piaga del brigantaggio, sorto come reazione all’occupazione francese, al fisco e alla leva obbligatoria e degenerato in delinquenza organizzata, riportando pace e sicurezza tra le popolazioni. Morì a Roma il 28 dicembre 1837. Beatificato da Pio X nel 1904, fu canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954.
venerdì 26 dicembre 2014
Santo del giorno
Ciò che rende unica la vicenda di Stefano è il fatto che il suo martirio è narrato in un libro, gli Atti degli Apostoli, che fa parte del canone delle Sacre Scritture. Verso il IV-V secolo, un’epoca in sui diffondevano il culto dei martiri e la devozione per le loro reliquie, di pari passo si moltiplicavano le narrazioni leggendarie delle loro vite. Tuttavia, di Stefano non conosciamo né il luogo e l’anno di nascita, né il momento in cui aderì al cristianesimo. Certe sono la sua origine greca e la sua autorevolezza presso il gruppo degli ellenisti, cioè degli ebrei di lingua greca. Gli Atti ci dicono che essendo sorto del malcontento fra gli ellenisti perché gli ebrei trascuravano le loro vedove nella distribuzione quotidiana, per questo servizio furono scelti sette “diaconi”, tra cui Stefano, il quale però non si limitava alla parte assistenziale, ma discuteva con alcuni membri della Sinagoga, suscitando reazioni contrastanti. Il punto focale della controversia divenne la missione salvifica del Cristo e il superamento della Legge di Mosè. Denunciato al Sinedrio per «aver bestemmiato contro Mosè e contro Dio», Stefano rispose appellandosi alla Scrittura e proclamando la propria fede in Cristo Dio, scatenando un tumulto violento che sfociò nella lapidazione. Così gli Atti descrivono gli ultimi istanti della vita del martire: «I testimoni deposero i mantelli ai piedi di un giovane chiamato Saulo (che diventerà poi l’Apostolo Paolo). E lapidavano Stefano che pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Poi, piegate le ginocchia, gridò a gran voce: “Signore, non imputare loro questo peccato!”. E ciò detto si addormentò». Le sue spoglie furono ritrovate nel 415 da un prete di nome Luciano e da allora il culto a Stefano si sviluppò in modo eccezionale, insieme alla sua fama di taumaturgo che fu autorevolmente confermata anche da S. Agostino. Ad Ancona si conserva una delle pietre che, secondo la tradizione, sarebbero servite alla lapidazione del martire.
giovedì 25 dicembre 2014
Santo del giorno
La nascita di Gesù, ormai storicamente acquisita, anche se non ne conosciamo con esattezza l’anno e il giorno del mese, era già celebrata agli inizi del IV secolo in Oriente e in Occidente. Sotto l’influsso di Roma prevalse ovunque la data del 25 dicembre, stabilita in opposizione alla festa pagana del culto del sole che coincideva con il solstizio d’inverno, il 25 dicembre. Per i cristiani quel giorno rappresentava la nascita del vero sole, Cristo, che appare al mondo dopo la lunga notte del peccato. In Oriente, il mistero dell’Incarnazione si commemorava il 6 gennaio col nome di Epifania. Ma da un discorso di S. Giovanni Crisostomo apprendiamo che anche ad Antiochia si festeggiava il Natale il 25 dicembre e l’Epifania il 6 gennaio. All’affermarsi di queste due solennità contribuirono anche le grandi eresie cristologiche del IV e V secolo, in particolare quelle di Ario, di Nestorio e di Eutiche che negavano la divinità consustanziale della persona del Verbo o confondevano la duplicità delle due nature, l’umana e la divina: eresie condannate dai grandi Concili ecumenici di Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431) e Calcedonia (451). Nei testi liturgici delle due feste si nota con quanta insistenza si ritorna sulla verità che il Verbo fatto carne è consustanziale al Padre ed ha assunto una vera umanità che rimane integra e distinta, senza mescolanze e assorbimenti. Per motivi devozionali e pastorali, a Roma nacque fin dai primi secoli la consuetudine delle tre messe di Natale. Celebrare questo evento cristianamente significa condividere le scelte di Gesù, scelte di povertà, di servizio e di dono totale della propria vita. Soprattutto i laici sono chiamati a vivere il mistero dell’Incarnazione contribuendo alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e guidati dallo spirito delle beatitudini. Le iniziative natalizie (presepio, albero di Natale, carità verso i poveri, ecc.) da parte della comunità credente devono essere ispirate da una forte carica evangelizzatrice ed essere occasione per far sentire la luce del messaggio del Vangelo sull’uomo, sulla famiglia e sulla società.
mercoledì 24 dicembre 2014
Santo del giorno
Nata il 28 gennaio 1816 a Soncino, in provincia di Bergamo, da genitori nobili e ricchi, e battezzata col nome di Costanza, a dieci anni venne affidata alle suore della Visitazione di Alzano Lombardo, presso le quali rimase per sei anni, facendosi notare per la bontà e la diligenza nello studio. Una sua virtù caratteristica fu l’obbedienza. Voleva farsi religiosa ma, per volere dei genitori, a soli 19 anni dovette sposare un ricco vedovo sessantenne, il musicista Gaetano Buzecchi, di cui per vent’anni sopportò il difficile carattere, aggravato da una paralisi che lo aveva colpito subito dopo il matrimonio. Nacquero tre figli, di cui uno morì appena nato, un altro dopo un anno e il terzo a 16 anni. Nel 1854, rimasta vedova, la santa si isolò dal mondo e si diede alle opere di carità, profondendovi il suo ingente patrimonio. Iniziò prendendo in casa due orfanelle, a cui presto se ne aggiunsero altre, mentre aumentavano anche le compagne da lei incaricate della loro formazione spirituale. Con esse, nel 1857, a Comonte diede origine alle Suore della Sacra Famiglia per l’educazione e l’istruzione delle orfane dei contadini, la classe sociale allora più bisognosa e trascurata. Al momento della professione, scelse i nomi di Paola Elisabetta e ai tre voti aggiunse quello di agire sempre in tutto per la maggior gloria di Dio. Per provvedere agli orfani dei rurali, nel 1863 fondò i Fratelli della Sacra Famiglia, una congregazione comprendente sacerdoti per la direzione e la predicazione nelle campagne, e fratelli laici per i lavori nei campi insieme agli orfanelli. Per completare la sua opera scrisse per i suoi istituti regole piene di sapienza, che ebbero l’approvazione del vescovo di Bergamo. Dopo aver vissuto del tutto distaccata dai beni terreni, intenta solo a servire il Signore nei suoi poveri, morì a Comonte tra il 23 e il 24 dicembre 1865. Beatificata da Pio XII nel 1950, fu canonizzata da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004.
martedì 23 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato nel 1390 a Kety (pronuncia Kenty), presso Cracovia, dotato di superiore intelligenza a 27 anni era già docente di filosofia. Nel 1416, appena ordinato sacerdote, i superiori le raccomandarono come direttore della scuola del monastero del Santo Sepolcro a Miechow, dove svolse la sua attività dal 1421 al 1429. Tornato a Cracovia, tenne cattedra alla facoltà degli artisti e successivamente, dal 1432 al 1438, ricoprì l’ufficio di decano della facoltà di filosofia. Conseguito poi il baccellierato in teologia, iniziò il suo insegnamento come lettore ordinario in quella facoltà. Fu poi eletto prelato cantore della collegiata di san Floriano, dignità a cui era connesso l’ufficio di parroco, ma dopo alcuni mesi il santo si dimise, non volendo godere delle rendite di quel beneficio a cui non poteva dedicarsi concretamente. La sua opera scientifica e didattica fu intramezzata da faticosi pellegrinaggi, compiuti quattro volte a Roma (completamente a piedi) e una volta a Gerusalemme (anch’esso in parte a piedi fin dove era possibile). Giovanni svolse i suoi incarichi universitari a Cracovia fino alla morte, ma senza trascurare la carità: andava a cercare i poveri nei loro rifugi, sfamandoli e aiutandoli con la sua paga di insegnante e a costo di frequenti digiuni. Morì il 24 dicembre 1473. Le sue virtù e la santità della sua vita sono attestate dalla fama postuma e dai miracoli avvenuti presso la sua tomba nella chiesa di S.Anna a Cracovia. Innocenzo XIl lo beatificò nel 1690 e Clemente XIII, accedendo alle istanze dei docenti dell’Università di Cracovia, lo canonizzò il 2 febbraio 1767. È invocato come patrono dei seminaristi e del clero studioso. Giovanni Paolo II, visitando Cracovia il 9 giugno 1979, ricordò il “Professore santo” di quella università. Alla memoria del Canzio è consacrata una cappella nella chiesa di San Floriano, dove nell’agosto 1949, iniziò il suo servizio di vicario parrocchiale il giovane sacerdote Karol Wojtyla.
lunedì 22 dicembre 2014
Santo del giorno
È la santa degli emigrati italiani. Nata, ultima di 13 figli, il 15 luglio 1850 a Sant’Angelo Lodigiano, crebbe sotto la guida della sorella Rosa, che fu la sua maestra anche perché teneva una scuola privata in paese. A 11 anni fece voto di castità e dopo le elementari entrò ad Arluno, presso Milano, tra le Figlie del S. Cuore. A 18 si diplomò maestra, e sostituì per due anni una collega inferma a Vidardo. Nel tempo libero, andava con Rosa a visitare i malati e ad aiutare i poveri. Voleva farsi suora, ma per la sua salute cagionevole non fu accettata né dalle Figlie del Sacro Cuore né dalle Canossiane. Trascorse 6 anni a Codogno presso le “Sorelle della Provvidenza”, dove dopo aver pronunciati i voti divenne anche superiora, ma il vescovo nel 1880 sciolse la comunità e lei con alcune compagne fondò le Missionarie del S. Cuore di Gesù, con il compito di istruire la gioventù e curare i malati. L’anno dopo, avendo conosciuto il vescovo di Piacenza mons. Scalabrini (beatificato nel 1997), accettò la sua proposta di inviare alcune suore negli Stati Uniti dove milioni di emigrati italiani mancavano di sacerdoti, scuole, orfanotrofi, chiese e ospedali. Incoraggiata dal papa Leone XIII, cominciò a servire i suoi compatrioti, attraversando per 26 volte l’Atlantico, fondando e organizzando direttamente ben 27 case. Non le mancarono ostacoli e incomprensioni, anche da parte di qualche vescovo. Invitata a tornare in Italia rispose: «Siamo venute in America per ordine della Santa Sede e qui dobbiamo restare». Per i continui viaggi per terra e per mare, la santa non ebbe una direzione spirituale stabile, ma suppliva con la preghiera (si alzava alle quattro del mattino), penitenze e mortificazioni, nonché con la inesauribile carità. Assalita da violente febbri, fu ricoverata in ospedale a Chicago dove il 22 dicembre 1917 morì a causa della rottura di una vena polmonare. Beatificata nel 1938 da Pio XI, fu canonizzata dal Pio XII il7 luglio 1946.
domenica 21 dicembre 2014
Santo del giorno
Peter Kanijs (il cognome fu poi latinizzato in Canisius) nacque a Nimega, oggi in Olanda ma allora territorio dell’impero tedesco, nel 1521. A 19 anni fu promosso magister artium all'università di Colonia e si diede allo studio della teologia. Più tardi, un amico gli fece conoscere Pietro Faber, uno dei primi sei compagni di sant’Ignazio di Loyola e, dopo aver fatto il mese di esercizi spirituali, nel 1543 entrò nella Compagnia di Gesù e da allora la sua vita fu un continuo viaggiare per restaurare l’edificio della cattolicità, minacciata dal Protestantesimo e dall’umanesimo paganeggiante. Mete dei suoi spostamenti furono Colonia, Magonza, Praga, Innsbruck,Trento, Roma, Arnhem, Friburgo, Messina, Cracovia, Varsavia e Augusta.. Ma suo campo apostolico fu soprattutto la Germania scossa dallo scisma, dove operò con la sua attività di insegnante e di predicatore, influendo anche in campo politico e letterario. Nel 1547, due anni dopo la sua ordinazione sacerdotale, fu invitato a partecipare come teologo del cardinale di Augsburg al concilio di Trento, e nel 1549 fece la solenne professione religiosa a Roma come l’ottavo gesuita della Compagnia. Nominato provinciale di un territorio comprendente, oltre la Germania, anche l’Austria e la Boemia, fondò diversi collegi che diventarono uno dei fattori più decisivi della Riforma cattolica. Imponente è anche l’opera catechetica del Canisio, in particolare i due catechismi da lui composti, il maggiore detto Teologia sommaria, per gli studenti delle scuole superiori, e uno minore, il Catechismo breve per i fanciulli e per il popolo, nei quali la dottrina cattolica è esposta in modo chiaro e concreto. Il loro successo fu enorme: la Teologia sommaria durante la vita del santo ebbe ben 82 edizioni in diverse lingue! Il Canisio morì a Friburgo in Svizzera il 21 dicembre 1597. Fu canonizzato e proclamato dottore della Chiesa nel 1925: Leone XIII lo definì “il secondo apostolo tedesco dopo san Bonifacio”.
sabato 20 dicembre 2014
Santo del giorno
Vincenzo Romano è il primo parroco italiano del clero secolare elevato agli onori degli altari. Nato nel 1751 a Torre del Greco da una famiglia modesta ma ricca di fede, sui 14 anni voleva consacrarsi al Signore seguendo l’esempio del fratello Pietro che era entrato nella congregazione dei Dottrinari. Inizialmente la sua domanda di frequentare il seminario fu contrastata, ma poi venne accolta. Durante gli studi, nei quali diede ottima prova, ebbe occasione di ascoltare le prediche di S. Alfonso M. de’ Liguori. Ordinato sacerdote nel 1775, tornò nella casa paterna di Torre del Greco, dalla quale non mosse più e nella quale è tuttora conservata la stanza che occupò fino alla morte. Pieno di fervore apostolico, aprì una scuola per ragazzi, che poi con l’autorizzazione del vescovo fu estesa agli aspiranti al sacerdozio; svolse con zelo e con totale disinteresse vari ministeri e fu particolarmente assiduo nella predicazione. Si iscrisse alla congregazione napoletana della “Conferenza per le missioni popolari” e ogni giorno faceva catechismo in parrocchia; poi istituì la “sciavica”, cioè la predicazione all’aperto che si concludeva in chiesa. Quando, nel 1794, una eruzione del Vesuvio devastò il paese distruggendo la chiesa parrocchiale della S. Croce, egli si impegnò attivamente nella sua ricostruzione, che si sarebbe conclusa nel 1827. Instancabile in ogni forma di attività pastorale, dormiva non più di cinque ore e riceveva i bisognosi in qualunque ora del giorno e della notte. Si devono inoltre a lui il ”Rosario meditato”, il ritiro spirituale al clero ogni primo lunedì del mese e la propagazione della devozione al Sacro Cuore. Curò in particolare l’assistenza spirituale ai pescatori di corallo che costituivano la maggioranza della popolazione maschile del paese. Don Vincenzo morì il 20 dicembre 1831 per una polmonite. Fu beatificato nel 1963 da Paolo VI, che lo definì «precursore della carità sociale nella Chiesa dei nostri giorni».
venerdì 19 dicembre 2014
Santo del giorno
Romano di nascita, Anastasio (che in greco significa “risorto”) fu papa dal 27 novembre del 399 al 19 dicembre del 401, succedendo a san Silicio. Un pontificato breve, il suo, ma particolarmente attivo. Edificò a Roma la basilica Crescenziana (oggi in S. Sisto Vecchio); inoltre, combatté con energia il donatismo, un movimento che si era sviluppato nelle province settentrionali dell’Africa in seguito alla deposizione del vescovo Ceciliano legittimamente eletto, nonché l’arianesimo e residui di manicheismo presenti a Roma. Riviveva in lui lo spirito dei difensori della Chiesa contro le eresie e per l’affermazione dei diritti del patriarcato occidentale nell’Illirico. Ma papa Anastasio è conosciuto specialmente per la controversia origenista: si tratta di un indirizzo della teologia cristiana antica, soprattutto monastica, che si rifaceva ad alcuni motivi della dottrina di Origene, interpretati da alcuni discepoli del famoso teologo greco con venature neoplatoniche e gnostiche, inclini ad affermare la necessità e l’eternità del cosmo e delle anime, il carattere negativo della materia come conseguenza del peccato, ecc. Nel 399 gli amici di san Girolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell’origenismo ed egli fu particolarmente severo con Rufino
di Aquileia, che aveva tradotto un’opera di Origene – il Periarchon (De Principiis) – contenente proposizioni giudicate blasfeme. Su questa dottrina scrisse parecchie lettere a vescovi occidentali e alle chiese orientali. Fu in ottimi rapporti con san Paolino, futuro vescovo di Nola, convocandolo a Roma per prendere parte alla festa anniversaria della propria consacrazione, festa cui i pontefici solevano invitare solamente i vescovi, ma per Paolino (non ancora tale) si fece un’eccezione.
Anastasio I morì il 19 dicembre del 401. Ben presto fiorì il culto attorno alla sua tomba, tanto che il nome di questo santo figurava già alla metà del secolo V nel Martirologio Geronimiano.
di Aquileia, che aveva tradotto un’opera di Origene – il Periarchon (De Principiis) – contenente proposizioni giudicate blasfeme. Su questa dottrina scrisse parecchie lettere a vescovi occidentali e alle chiese orientali. Fu in ottimi rapporti con san Paolino, futuro vescovo di Nola, convocandolo a Roma per prendere parte alla festa anniversaria della propria consacrazione, festa cui i pontefici solevano invitare solamente i vescovi, ma per Paolino (non ancora tale) si fece un’eccezione.
Anastasio I morì il 19 dicembre del 401. Ben presto fiorì il culto attorno alla sua tomba, tanto che il nome di questo santo figurava già alla metà del secolo V nel Martirologio Geronimiano.
giovedì 18 dicembre 2014
Cinema
Domenica 21 dicembre ti aspettiamo nelle sale parrocchiali per vedere insieme il film Frozen - Il Regno di Ghiaccio. Non mancare!!!
Santo del giorno
Oggi ricordiamo uno dei tanti martiri – furono decine di migliaia e di molti non sappiamo il nome – vittime delle sanguinose persecuzioni scatenate, a partire dal 1630 in successive ondate fino al 1862 dai sovrani del Tonchino, una regione oggi compresa nel Vietnam. Nato nel 1808 da una famiglia cristiana, Pietro fu accolto a nove anni tra gli alunni della missione di Yentap, e poi dato come domestico al padre Phuong e a vari sacerdoti indigeni. Per la sua pietà a condotta esemplare, a 11 anni fu promosso catechista e inviato a Bau-No presso il padre Marette. Arrestato dai soldati che stavano cercando un missionario francese, il padre Giancarlo Cornay falsamente calunniato di un bandito che egli aveva fatto arrestare, e richiesto con insistenza di svelarne il rifugio, Pietro si rifiutò e perciò venne condotto, con sulle spalle la “canga” (una specie di cornice rettangolare di legno che imprigionava testa e braccia) e i ceppi ai piedi, dinanzi al mandarino. Là, invitato a tradire il missionario, non acconsentì, meno ancora si lasciò sfuggire dalle labbra il minimo cenno di adesione alla proposta di apostatare, nonostante gli fossero inferti terribili colpi di flagello. Rispose semplicemente, come avrebbe fatto ripetutamente in seguito: «Se il mandarino vuol fare, a me e ai miei compagni, la grazia della vita, non ci rifiuteremo di vivere; se vuole il nostro sangue, siamo pronti a versarlo. Ma calpestare la croce, mai!». Condannato allo strangolamento il 19 ottobre 1837, dovette attendere la morte per ben quattordici mesi, ma poté avere nella prigione la consolazione di ricevere l’assoluzione e la Comunione. Commovente la lettera con la quale, ritenendosi indegno di offrire al padre Marette i suoi ringraziamenti e i suoi voti, gli confidava la sua gioia indicibile di soffrire per Gesù Cristo. Infine, il 18 dicembre 1838, giunta la conferma della sentenza capitale, venne condotto alla collina di Go-Voi e giustiziato. Fu beatificato il 27 maggio 1900 da Leone XIII e santo da papa Giovanni Paolo II nel 1988.
mercoledì 17 dicembre 2014
Santo del giorno
Il fondatore dell’ordine della Santissima Trinità nacque a Faucon, in Provenza, nel 1154. Docente di teologia all’università di Parigi, si fece prete tardi, sui 40 anni, poi lasciò la cattedra perché un “segno” gli aveva rivelato la sua vera missione, quella di dedicarsi al riscatto degli schiavi cristiani in Africa. Ritiratosi per un periodo di riflessione a Cerfroid, ad una settantina di km a Parigi, parlò della sua idea a quattro eremiti, tra cui san Felice di Valois, che la condivisero immediatamente. In tre anni nacque l’Ordine dei Trinitari, caratterizzati da un abito bianco con croce rossa e azzurra sul petto, cappa e cappuccio neri. L’elemosina raccolta da appositi collettori veniva destinata per un terzo al mantenimento dei monaci, per un terzo all’assistenza di malati e pellegrini e per il restante terzo al riscatto degli schiavi. Ottenuta l’approvazione dal papa Innocenzo III (che era stato suo condiscepolo all’università di Parigi), nel 1199 Giovanni partì la prima spedizione per il Marocco: i religiosi visitarono mercati, prigioni, luoghi di lavoro e liberarono con regolare scrittura circa duecento schiavi, il cui arrivo a Marsiglia commosse l’intera città mentre venivano accompagnati in cattedrale cantando il salmo “In exitu Israël de Aegypto”. Nel 1209 l’Ordine aveva già una trentina di case che verso il 1250 sarebbero salite addirittura a 600, soprattutto in Francia e Spagna. Tra coloro che riacquisteranno la libertà secoli dopo ci sarà anche Miguel de Cervantes, l’autore del Don Chisciotte, venduto da un pirata sul mercato di Algeri e liberato dal trinitario spagnolo fra Juan Gil. A Giovanni de Matha papa Innocenzo fece dono a Roma della chiesa abbaziale di San Tommaso in Formis, dove il santo morì il 17 dicembre 1213 consunto dalla sua frenetica attività per trovare denaro, moltiplicare le spedizioni e costruire ospizi per gli ex schiavi malati e senza famiglia. Con analoghi scopi, nel 1218 san Pietro Nolasco fonderà a Barcellona l’ordine dei Mercedari.
martedì 16 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato a Racconigi, in provincia di Cuneo, il 10 marzo 1833, avendo avvertito presto la vocazione, nel 1849 entrò nel seminario di Bra e fu ordinato sacerdote nel 1856. Nel convitto ecclesiastico di Torino fu per due anni alla scuola del Cafasso, approfondendo lo studio della morale e imparando ad assistere i carcerati. Mandato come viceparroco a Cambiano, ne fu allontanato per iniziativa del segretario comunale perché «fulminava il vizio in ogni occasione». Vinse poi il concorso per la parrocchia vacante di Rivalba, ma neanche lì ebbe vita facile, per la sua azione volta a impedire la profanazione della festa, la bestemmia, i balli. Soleva dire: «Finché avrò vita dirò sempre e a tutti la verità senza timore né delle maldicenze, né delle persecuzioni: non voglio tradire la mia coscienza facendo il sordomuto». Per questo non gli furono risparmiate ingiurie e affronti fino a disertare la chiesa durante la sua predica, a imbrattargli la porta della canonica, a fracassarne i vetri e a cantargli di notte canzoni oscene sotto le finestre. La bufera passò per l’esempio edificante che egli dava di povertà e di profonda vita spirituale, nonché per l’impegno per la catechesi dei bambini e degli adulti: la sua parola franca e chiara, familiare e piacevole gli attirò la stima di molti parroci, che lo invitavano a predicare missioni e novene. Durante queste uscite, egli aveva constatato che attorno all’altare non c’era sempre quella pulizia che le sacre liturgie esigono; per questo fondò le Figlie di San Giuseppe con il compito di preparare l’occorrente per la celebrazione della Messa. Nel 1877 le prime 4 suore vestirono l’abito, le vocazioni crebbero presto, e per sistemarle convenientemente don Marchisio comprò e ristrutturò il castello di Rivalba. Al Beato non mancarono però, anche da parte dei superiori, incomprensioni sopportate sempre con esemplare umiltà. Morì il 15 dicembre 1903 per apoplessia cerebrale. Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 30 settembre 1984.
lunedì 15 dicembre 2014
Santo del giorno
Figlia del doge di Genova, nacque nel capoluogo ligure il 2 aprile 1587. Fin da adolescente avvertì la vocazione religiosa, ma il padre, a sua insaputa, la promise sposa a un giovane ricco, che però pensava soltanto a divertirsi, dandosi al gioco e alla caccia. Dal matrimonio nacquero due figlie, ma il marito, continuando nella sua vita sregolata, fu colpito dalla tubercolosi e morì a soli 24 anni, riconciliato con Dio grazie allo zelo di Virginia. Questa, rimasta vedova ancora ventenne, fece voto di perpetua castità vivendo ritirata nella casa della suocera con la quale si diede alla preghiera, al lavoro e al servizio dei bisognosi. Aiutò le chiese povere delle campagne con offerte in denaro e suppellettili, poi fondò quattro scuole per ragazzi abbandonati, sovvenzionò i degenti poveri negli ospedali Pammatone e Incurabili, nonché l’Opera della Redenzione degli Schiavi. Dopo il matrimonio delle figlie, deceduti la suocera e il padre, diede origine all’Opera del Rifugio accogliendo, prima del suo palazzo e poi nel monastero della Visitazione sul Monte Calvario, ragazze abbandonate e orfane, ponendole sotto la protezione di Nostra Signora del Rifugio. Con un gruppo di esse cominciò una vita religiosa, dedicandosi alle più svariate opere di carità, a volte tra incomprensioni e ostilità. Nel 1628 assunse la direzione del Lazzaretto, una specie di ricovero di fortuna popolato da una massa di miserabili, e si spinse nei più malfamati angiporti della città spiegando il catechismo ai bambini ed ai marinai. Nel 1637 ottenne dal Senato che la Vergine fosse proclamata protettrice della Repubblica e, nel 1642, che a Genova si iniziasse la pratica delle Quarantore e che fossero predicate le missioni al popolo. Favorita da estasi e da locuzioni interiori, affrontò malattia e sofferenze con il coraggio di sempre. Morì di polmonite il 15 dicembre 1651. Beatificata da Giovanni Paolo II nel 1985, è stata da lui canonizzata il 18 maggio 2003.
domenica 14 dicembre 2014
Santo del giorno
Giovanni della Croce è il dottore classico della teologia mistica. Nato a Fontiveros, in Castiglia, nel 1542 da nobile famiglia decaduta, ricevette la formazione intellettuale nel collegio dei Gesuiti mentre prestava servizio come infermiere presso un ospedale. Nel 1563 abbracciò la vita religiosa presso i fratelli carmelitani della Vergine a Medina del Campo; poi, dopo aver rinunciato a farsi certosino avendo conosciuto Teresa d’Avila, entrò nell’ordine carmelitano, conquistato alla riforma che la santa aveva avviato per riportare le comunità alla primitiva regola, redatta verso il 1209, che si era attenuata nel 1431. Con due compagni iniziò la sua opera a Duruelo (Vecchia Castiglia), successivamente fu a Mancera, a Pastrana (come maestro dei novizi), e per 16 mesi nel collegio universitario di Alcalà. Dal 1572 al 1577 fu confessore delle carmelitane del monastero dell’Incarnazione ad Avila, dove Teresa lo aveva presentato come «un padre che è un santo». Ma nel 1575 un capitolo generale dei carmelitani, a Piacenza, emise un severo giudizio contro i riformatori, considerati «ribelli, disobbedienti e contumaci» e Giovanni nel 1577 fu rinchiuso in una cella a Toledo per 9 mesi, durante i quali subì pene fisiche e morali fino all’angoscia mistica del Getsemani, che descrisse poi nel Cantico spirituale.
Per intervento della Madonna poté fuggire presso delle carmelitane che lo nascosero, e passò quindi in Andalusia trascorrendovi il resto della sua vita, prima come superiore e fondatore del convento di Baeza (1579), cominciano lì a redigere “Salita al monte Carmelo” e “Notte oscura dell’anima”; quindi come priore a Granada (1582) dove ultimò il “Cantico spirituale” e la “Fiamma viva d’amore”. Nel 1588 fu priore a Segovia, ma poi venne emarginato dal Capitolo Generale di Madrid del 1591. Morì pochi mesi dopo, il 14 dicembre, nel convento di Ubeda. Canonizzato nel 1726, fu proclamato dottore della Chiesa nel 1926.
Per intervento della Madonna poté fuggire presso delle carmelitane che lo nascosero, e passò quindi in Andalusia trascorrendovi il resto della sua vita, prima come superiore e fondatore del convento di Baeza (1579), cominciano lì a redigere “Salita al monte Carmelo” e “Notte oscura dell’anima”; quindi come priore a Granada (1582) dove ultimò il “Cantico spirituale” e la “Fiamma viva d’amore”. Nel 1588 fu priore a Segovia, ma poi venne emarginato dal Capitolo Generale di Madrid del 1591. Morì pochi mesi dopo, il 14 dicembre, nel convento di Ubeda. Canonizzato nel 1726, fu proclamato dottore della Chiesa nel 1926.
sabato 13 dicembre 2014
Santo del giorno
Lucia fu una delle vittime della persecuzione di Diocleziano e Massimiano, che durò dal 303 al 311. Secondo la tradizione, quando era già promessa sposa ad un giovane del suo rango (lei era una nobile siracusana), essendosi ammalata la madre, Lucia la accompagnò a Catania in pellegrinaggio sulla tomba di sant’Agata: qui ebbe una visione che le annunciava la guarigione della madre insieme al futuro martirio. Tornata a Siracusa, decise di consacrarsi al Signore e mise in vendita la sua dote per donarne il ricavato ai poveri. Il fidanzato, sconvolto per l’abbandono, la denunciò come cristiana al governatore Pascasio, che la fece arrestare imponendole di sacrificare agli dei. Al fermo rifiuto di Lucia, Pascasio la condannò al lupanare, la casa delle prostitute, ma quando i soldati tentarono di condurvela, lo Spirito Santo la rese così immobile che nessuno riusciva a spostarla, neppure con una coppia di buoi ai quali venne agganciata. Allora il governatore ordinò un gran fuoco di fascine per incenerirla, ma la giovane uscì indenne dal rogo. Non restava che la decapitazione, tuttavia secondo un’altra tradizione non le fu tagliata la testa, ma fu pugnalata alla gola (infatti, la statua della santa che viene portata in processione a Siracusa ha un pugnale piantato nel collo). Era il 13 dicembre del 304, Lucia aveva probabilmente 25 anni. Le sue spoglie mortali si venerano a Venezia nella chiesa dei santi Geremia e Lucia. Prima si trovavano in Sicilia, ma ai tempi della conquista musulmana furono nascoste in luogo sicuro finché nel 1039 il generale bizantino Maniace decise di trasportarle a Costantinopoli per donarle alla regina Teodora. Quando, nel 1204, Costantinopoli fu conquistata dai Crociati, il doge Enrico Dandolo le portò a Venezia. Poi, attraverso missioni diplomatiche, Siracusa ottenne dai veneziani alcune reliquie della martire. La più recente è stata consegnata il 13 dicembre 1988 alla Chiesa siracusana dal cardinale Cè.
giovedì 11 dicembre 2014
Santo del giorno
Damaso fu papa dal 1° ottobre 366 all’11 dicembre 384. Succeduto a Liberio, di cui era stato per qualche tempo compagno di esilio, dovette lottare contro le sette di eretici ariani, novaziani, donatisti africani, luciferiani, che pullulavano a Roma in quel tempo. Il primo decennio del suo pontificato fu difficile, anche perché c’erano due antipapi: Felice, morto nel 367 e, dopo di lui, Orsino, insediatosi in una chiesa romana, contro il quale ci furono duri scontri con dei morti. Damaso fu prima esiliato in Gallia per un certo tempo, e al rientro in Italia fu processato per false accuse di adulterio mossegli dai suoi nemici. Egli seppe comunque dimostrarsi uomo di governo e
degno pastore universale.
Tre glorie gli sono giustamente attribuite. La prima fu il ristabilimento della pura fede nicena: nel concilio chiamato poi Ecumenico Costantinopolitano II, fu promulgato il “Credo” che si recita nella Messa. Secondo merito è avere chiamato a Roma san Girolamo per affidargli la versione latina del Nuovo Testamento e la correzione della versione esistente dell’Antico Testamento, dandoci così la redazione della Bibbia detta Vulgata. Terza gloria di papa Damaso è il culto da lui tributato alla memoria dei martiri, le cui tombe furono ornate di iscrizioni metriche dettate da lui e scritte su lastre marmoree dal suo calligrafo Furio Dionisio Filòcalo con bellissimi caratteri chiamati poi damasiani”. A lui si deve anche la sostituzione del latino al greco (salvo il Kyrie) nella liturgia. Inoltre il suo pontificato, in quello che venne chiamato giustamente “il secolo d’oro dei Padri”, fu illustrato da una fioritura miracolosa di anime: in Oriente Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Gregorio Nisseno, Cirillo di Gerusalenne, Epifanio, Didimo, Efrem; in Occidente Ilario di Poitiers, Eusebio di Vercelli, Ambrogio, Agostino, Girolamo, Prudenzio e Paolino di Nola. Il santo pontefice morì ottuagenario e fu sepolto in San Lorenzo in Damaso.
degno pastore universale.
Tre glorie gli sono giustamente attribuite. La prima fu il ristabilimento della pura fede nicena: nel concilio chiamato poi Ecumenico Costantinopolitano II, fu promulgato il “Credo” che si recita nella Messa. Secondo merito è avere chiamato a Roma san Girolamo per affidargli la versione latina del Nuovo Testamento e la correzione della versione esistente dell’Antico Testamento, dandoci così la redazione della Bibbia detta Vulgata. Terza gloria di papa Damaso è il culto da lui tributato alla memoria dei martiri, le cui tombe furono ornate di iscrizioni metriche dettate da lui e scritte su lastre marmoree dal suo calligrafo Furio Dionisio Filòcalo con bellissimi caratteri chiamati poi damasiani”. A lui si deve anche la sostituzione del latino al greco (salvo il Kyrie) nella liturgia. Inoltre il suo pontificato, in quello che venne chiamato giustamente “il secolo d’oro dei Padri”, fu illustrato da una fioritura miracolosa di anime: in Oriente Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Gregorio Nisseno, Cirillo di Gerusalenne, Epifanio, Didimo, Efrem; in Occidente Ilario di Poitiers, Eusebio di Vercelli, Ambrogio, Agostino, Girolamo, Prudenzio e Paolino di Nola. Il santo pontefice morì ottuagenario e fu sepolto in San Lorenzo in Damaso.
mercoledì 10 dicembre 2014
Un pomeriggio con il mago
Siete tutti invitati allo spettacolo del mago domenica 14 dicembre dalle ore 15.30 presso le sale parrocchiali.
Santo del giorno
Mentre a Roma si celebravano i funerali di Gregorio II, il popolo a gran voce elesse il nostro santo come suo successore. Era il 18 marzo dell’anno 731. C’erano già stati due pontefici con il nome di Gregorio - quello chiamato “Magno” e il predecessore del nostro, detto Junior – mentre al neo-eletto fu dato il titolo di Secundus junior. Da allora si decise di adottare una numerazione progressiva utilizzando i numeri romani e così il nuovo papa fu salutato come Gregorio III.
Durante il suo pontificato, l’Oriente perseguitava i cultori delle immagini: il Papa tentò di trattare un accordo con l’imperatore Leone III Isaurico, ma costui fece arrestare i legati papali appena giunti a Costantinopoli, esiliandoli poi in Sicilia. Il 1° novembre 731 si tenne in San Pietro un concilio di 93 vescovi, nel quale furono scomunicati gli iconoclasti (i distruttori delle immagini), ed anche stavolta i legati pontifici furono imprigionati, mentre una flotta imperiale fu mandata in Italia per distruggere le immagini, devastare Ravenna e catturare il Papa. Ma questa finì dispersa nell’Adriatico durante una tempesta. L’imperatore per vendetta confiscò i patrimoni della Chiesa in Sicilia e in Calabria. Gregorio III si rivolse allora a Carlo Martello (che a Poitiers aveva liberato la nazione dei Franchi dagli arabi) per un aiuto offrendogli il patriziato romano; inoltre, inviò il pallio arcivescovile a san Bonifacio, creandolo primate sui popoli da lui evangelizzati. Inoltre - quasi in risposta agli iconoclasti - arricchì la basilica di San Pietro di statue e immagini cesellate di Cristo e degli apostoli.
Il Liber pontificalis afferma che il santo «amava la povertà, riscattava gli schiavi, nutriva le vedove e gli orfani, era molto favorevole alla vita religiosa»; inoltre, accoglieva con grande ospitalità gli artisti orientali che fuggivano dalla persecuzione. Dopo quasi 11 anni di pontificato, Gregorio morì il 27 (o secondo altri il 28) novembre del 741 e fu sepolto in San Pietro.
Durante il suo pontificato, l’Oriente perseguitava i cultori delle immagini: il Papa tentò di trattare un accordo con l’imperatore Leone III Isaurico, ma costui fece arrestare i legati papali appena giunti a Costantinopoli, esiliandoli poi in Sicilia. Il 1° novembre 731 si tenne in San Pietro un concilio di 93 vescovi, nel quale furono scomunicati gli iconoclasti (i distruttori delle immagini), ed anche stavolta i legati pontifici furono imprigionati, mentre una flotta imperiale fu mandata in Italia per distruggere le immagini, devastare Ravenna e catturare il Papa. Ma questa finì dispersa nell’Adriatico durante una tempesta. L’imperatore per vendetta confiscò i patrimoni della Chiesa in Sicilia e in Calabria. Gregorio III si rivolse allora a Carlo Martello (che a Poitiers aveva liberato la nazione dei Franchi dagli arabi) per un aiuto offrendogli il patriziato romano; inoltre, inviò il pallio arcivescovile a san Bonifacio, creandolo primate sui popoli da lui evangelizzati. Inoltre - quasi in risposta agli iconoclasti - arricchì la basilica di San Pietro di statue e immagini cesellate di Cristo e degli apostoli.
Il Liber pontificalis afferma che il santo «amava la povertà, riscattava gli schiavi, nutriva le vedove e gli orfani, era molto favorevole alla vita religiosa»; inoltre, accoglieva con grande ospitalità gli artisti orientali che fuggivano dalla persecuzione. Dopo quasi 11 anni di pontificato, Gregorio morì il 27 (o secondo altri il 28) novembre del 741 e fu sepolto in San Pietro.
martedì 9 dicembre 2014
Santo del giorno
Parroco, religioso, formatore e riformatore, Pietro Fourier nacque nel 1565 a Mirecourt, in Lorena. Avendo rivelato fin dal piccolo notevoli doti di intelligenza, fu mandato dal padre a studiare all’università di Pont-à-Mousson, sotto la guida dei Gesuiti. Era diventato un modello per gli studenti, tanto che diverse famiglie nobili gli affidarono la sorveglianza dei loro figli. La peste nel 1858 disperse gli allievi dell’università e Pietro entrò fra i Canonici Regolari dell’abbazia di Chamousey, che era in piena decadenza, e lì fu fatto oggetto di vessazioni da parte degli anziani, la cui vita sregolata contrastava con il fervore del novizio Pietro.
Fu comunque ordinato prete e, nuovamente ostacolato nei suoi tentativi di riforma, accettò la parrocchia di Mattaincourt, che non godeva buona fama, ma che sotto la sua guida cambiò radicalmente: il santo aveva il carisma della predicazione ed era sempre pronto a visitare la scuola dei fanciulli, i malati (che talvolta guariva con la sola benedizione) e i tuguri dei poveri, dando l’esempio di una povertà radicale e di uno spirito di penitenza senza uguali (dormiva due-tre ore per notte coricato per terra avendo per cuscino un libro). Il suo capolavoro, nei 40 anni in cui rimase parroco, fu la fondazione delle Canonichesse regolari della Congregazione di Nostra Signora per l’educazione gratuita della gioventù povera, che in pochi anni sciamarono in una cinquantina di paesi.
Incaricato di riformare vecchie abbazie in cui si ripetevano da tempo abusi, egli preferì fondare una nuova congregazione, i Canonici regolari del Nostro Salvatore, di cui fu eletto superiore. Per sorvegliare la disciplina delle due istituzioni, percorse tutta la Lorena, che però fu poi teatro di guerre che costrinsero il santo a rifugiarsi a Gray, nella Franca Contea allora sottomessa alla Spagna, e lì morì il 9 dicembre 1640. Beatificato da Benedetto XIII, fu canonizzato da Leone XIII il 27 maggio 1897.
Fu comunque ordinato prete e, nuovamente ostacolato nei suoi tentativi di riforma, accettò la parrocchia di Mattaincourt, che non godeva buona fama, ma che sotto la sua guida cambiò radicalmente: il santo aveva il carisma della predicazione ed era sempre pronto a visitare la scuola dei fanciulli, i malati (che talvolta guariva con la sola benedizione) e i tuguri dei poveri, dando l’esempio di una povertà radicale e di uno spirito di penitenza senza uguali (dormiva due-tre ore per notte coricato per terra avendo per cuscino un libro). Il suo capolavoro, nei 40 anni in cui rimase parroco, fu la fondazione delle Canonichesse regolari della Congregazione di Nostra Signora per l’educazione gratuita della gioventù povera, che in pochi anni sciamarono in una cinquantina di paesi.
Incaricato di riformare vecchie abbazie in cui si ripetevano da tempo abusi, egli preferì fondare una nuova congregazione, i Canonici regolari del Nostro Salvatore, di cui fu eletto superiore. Per sorvegliare la disciplina delle due istituzioni, percorse tutta la Lorena, che però fu poi teatro di guerre che costrinsero il santo a rifugiarsi a Gray, nella Franca Contea allora sottomessa alla Spagna, e lì morì il 9 dicembre 1640. Beatificato da Benedetto XIII, fu canonizzato da Leone XIII il 27 maggio 1897.
lunedì 8 dicembre 2014
Santo del giorno
L’8 dicembre 1854, Pio IX proclamava il dogma dell’Immacolata Concezione; ma già molto tempo prima il senso cristiano popolare si era manifestato favorevole al privilegio mariano; inoltre, i Padri abbondavano nell’esaltare la Tuttasanta. Ma fu soprattutto un teologo francescano, il beato Giovanni Duns Scoto, morto nel 1308, ad affermare che «in previsione dei meriti di Gesù, perfettissimo mediatore (il Redentore), la Vergine Maria fu preservata dal peccato originale». Non a caso, il beato è chiamato il “dottore dell’Immacolata”. Non del tutto convinti erano invece i grandi teologi del XIII secolo, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d’Aquino e, prima di loro, Anselmo d’Aosta e lo stesso Bernardo di Chiaravalle: pur essendo tutti grandi devoti di Maria, non riuscivano ad armonizzare come la Vergine avesse potuto essere insieme esente da colpa e redenta da Cristo.
Fu il concetto di “redenzione preservativa” elaborato da Duns Scoto ad aprire la strada che avrebbe portato alla proclamazione del dogma. Già Sisto IV (morto nel 1484) aveva iniziato la serie degli interventi pontifici a favore dell’Immacolata, adottando ufficialmente per Roma la festa della Concezione, che nel secolo IX era stata introdotta dall’Oriente nell’Italia meridionale e che nel 1708 papa Clemente XI avrebbe reso di precetto per la Chiesa universale. Successivamente, il Concilio di Trento e papa Alessandro VII, pur senza giungere alla definizione, si dichiararono favorevoli al privilegio mariano, e infine Pio IX, dopo aver interrogato tutti i vescovi mediante un’enciclica (come gli aveva suggerito Antonio Rosmini), avendone raccolto una convergenza quasi plebiscitaria, proclamò il dogma.
Quattro anni dopo, la Madonna stessa lo confermava apparendo a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle e presentandosi come «l’Immacolata Concezione». Nella odierna festa rivolgiamoci alla nostra Madre celeste salutandola con la giaculatoria “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te”.
Fu il concetto di “redenzione preservativa” elaborato da Duns Scoto ad aprire la strada che avrebbe portato alla proclamazione del dogma. Già Sisto IV (morto nel 1484) aveva iniziato la serie degli interventi pontifici a favore dell’Immacolata, adottando ufficialmente per Roma la festa della Concezione, che nel secolo IX era stata introdotta dall’Oriente nell’Italia meridionale e che nel 1708 papa Clemente XI avrebbe reso di precetto per la Chiesa universale. Successivamente, il Concilio di Trento e papa Alessandro VII, pur senza giungere alla definizione, si dichiararono favorevoli al privilegio mariano, e infine Pio IX, dopo aver interrogato tutti i vescovi mediante un’enciclica (come gli aveva suggerito Antonio Rosmini), avendone raccolto una convergenza quasi plebiscitaria, proclamò il dogma.
Quattro anni dopo, la Madonna stessa lo confermava apparendo a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle e presentandosi come «l’Immacolata Concezione». Nella odierna festa rivolgiamoci alla nostra Madre celeste salutandola con la giaculatoria “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te”.
domenica 7 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato nel 339 da famiglia romana e cristiana Treviri, dove il padre era prefetto del pretorio della Gallia, alla morte di questi tornò con la famiglia a Roma, dove studiò diritto e retorica, divenendo avvocato alla prefettura del pretorio a Sirmio (nell’attuale Bosnia) e poi consularis (responsabile della giustizia, dell’ordine pubblico, della riscossione dei tributi) della provincia di Emilia-Liguria che aveva Milano per capitale.
Quando morì il vescovo ariano Aussenzio, egli intervenne per sedare tumulti sorti fra ariani e cattolici: recatosi in una chiesa, prese la parola invitando alla pacificazione e alla fine del suo intervento fu improvvisamente acclamato dal popolo come vescovo. Così, da catecumeno, nel giro di otto giorni fu battezzato e istruito dal presbitero Simpliciano e quindi consacrato vescovo il 7 dicembre del 374, nonostante la sua opposizione. Il compito per Ambrogio non era facile; eppure egli familiarizzò subito con la nuova funzione e diventò un maestro di vita, dedicandosi allo studio delle Sacre Scritture e divorando i testi degli autori cristiani.
Per le sue doti personali, fu consigliere degli imperatori Graziano, Valentiniano II (a Sirmio) e poi di Teodosio I, ma si oppose all’imperatrice Giustina, filoariana., e contestò lo stesso Teodosio che nel 390 aveva ordinato per vendetta una strage a Tessalonica, rifiutando di accoglierlo in chiesa se prima non avesse fatto un atto pubblico di penitenza, affermando così la libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale.
Ma Ambrogio fu soprattutto apostolo della carità, riformatore liturgico (diede origine al rito ambrosiano), formatore di anime (convertì Agostino), promotore e commentatore delle Scritture, specialmente dell’Antico Testamento e di Luca. I suoi scritti, che spaziano dalla esegesi alla teologia, dalla morale alla liturgia, lo annoverarono già nel 1298 fra i primi 4 dottori della Chiesa insieme ad Agostino, Girolamo e Gregorio Magno. Morì il 4 aprile del 397, Sabato santo.
Quando morì il vescovo ariano Aussenzio, egli intervenne per sedare tumulti sorti fra ariani e cattolici: recatosi in una chiesa, prese la parola invitando alla pacificazione e alla fine del suo intervento fu improvvisamente acclamato dal popolo come vescovo. Così, da catecumeno, nel giro di otto giorni fu battezzato e istruito dal presbitero Simpliciano e quindi consacrato vescovo il 7 dicembre del 374, nonostante la sua opposizione. Il compito per Ambrogio non era facile; eppure egli familiarizzò subito con la nuova funzione e diventò un maestro di vita, dedicandosi allo studio delle Sacre Scritture e divorando i testi degli autori cristiani.
Per le sue doti personali, fu consigliere degli imperatori Graziano, Valentiniano II (a Sirmio) e poi di Teodosio I, ma si oppose all’imperatrice Giustina, filoariana., e contestò lo stesso Teodosio che nel 390 aveva ordinato per vendetta una strage a Tessalonica, rifiutando di accoglierlo in chiesa se prima non avesse fatto un atto pubblico di penitenza, affermando così la libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale.
Ma Ambrogio fu soprattutto apostolo della carità, riformatore liturgico (diede origine al rito ambrosiano), formatore di anime (convertì Agostino), promotore e commentatore delle Scritture, specialmente dell’Antico Testamento e di Luca. I suoi scritti, che spaziano dalla esegesi alla teologia, dalla morale alla liturgia, lo annoverarono già nel 1298 fra i primi 4 dottori della Chiesa insieme ad Agostino, Girolamo e Gregorio Magno. Morì il 4 aprile del 397, Sabato santo.
sabato 6 dicembre 2014
Santo del giorno
La notizia più antica su questo santo risale al secolo VI; sappiamo che era nato a Pàtara (Turchia meridionale) e che l’omonimo zio Nicola, vescovo di Mira, lo ordinò prete e lui, dopo aver distribuito l’intera eredità ai poveri, fu capo di un monastero fondato dallo stesso zio. Al ritorno da un viaggio in Terra Santa, fu consacrato vescovo della sua città. Sarebbe poi stato imprigionato e torturato per la fede durante la persecuzione di Galerio (nel 350 circa) e sarebbe morto all’età di 65 anni nel 345 o 350. Nel secolo XII nacque la consuetudine del san Nicola che, alla vigilia della sua festa, regala dolciumi ai bambini; ma già nel secolo IX, nel nord della Germania, il folklore pagano aveva
sostituito a san Nicola “l’uomo di Natale”, fino a mutarne, in terra anglosassone, il nome in “Santa Claus” (identificato poi da noi come “Babbo Natale”). Nell’XI secolo il suo destino si incrociò con quello di Bari: 62 marinai in missione ad Antiochia di Siria, sulla via del ritorno irruppero nella chiesa di Mira (la città era stata da poco occupata dai turchi) e si impadronirono delle reliquie del santo, giungendo a Bari il 9 maggio 1087. L’enorme popolarità del santo ha fatto sì che giungano a Bari pellegrini da Occidente e dall’Oriente.
sostituito a san Nicola “l’uomo di Natale”, fino a mutarne, in terra anglosassone, il nome in “Santa Claus” (identificato poi da noi come “Babbo Natale”). Nell’XI secolo il suo destino si incrociò con quello di Bari: 62 marinai in missione ad Antiochia di Siria, sulla via del ritorno irruppero nella chiesa di Mira (la città era stata da poco occupata dai turchi) e si impadronirono delle reliquie del santo, giungendo a Bari il 9 maggio 1087. L’enorme popolarità del santo ha fatto sì che giungano a Bari pellegrini da Occidente e dall’Oriente.
venerdì 5 dicembre 2014
Santo del giorno
Niels Stensen (italianizzato in Nicola Stenone), umanista, poliglotta, matematico, filosofo, anatomista, geologo, paleontologo e teologo, nacque a Copenhaghen l’11 gennaio 1638. Studiò medicina e fece numerose scoperte. Nel 1666 lo troviamo a Pisa, quindi a Roma e a Firenze, dove fu accolto alla corte dei Medici e poté continuare le sue ricerche estendendole alla paleontologia, alla geologia e alla cristallografia. Nel 1667, dopo avere assistito a Livorno alla processione del Corpus Domini, abiurando il luteranesimo si fece cattolico. Ordinato sacerdote nel 1675, esercitò il ministero fra carcerati, poveri e studenti. Nominato Vicario apostolico per l’Europa settentrionale, fu consacrato vescovo e iniziò il suo ministero, attirandosi la stima anche dei protestanti per la vita esemplare di povertà e di preghiera che conduceva. Morì il 5 dicembre 1686. Le sue spoglie vennero traslate a Firenze nella basilica di S. Lorenzo. Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 23 ottobre 1988.
giovedì 4 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato a Verona l’8 ottobre 1873, alla morte del padre dovette abbandonare la scuola per aiutare la famiglia lavorando. Il rettore della chiesa di S. Lorenzo, don Pietro Scapini, avendo scoperto in lui la vocazione sacerdotale, lo preparò privatamente agli esami di ammissione al liceo vescovile, che furono superati egregiamente. Durante l’ultimo anno di liceo Giovanni sospese ancora gli studi per il servizio di leva che svolse presso l’ospedale militare della città, distinguendosi per la sua premurosa carità. Nel novembre 1897, tornando da una visita agli infermi, trovò accovacciato davanti alla sua porta un bambino fuggito da un campo di zingari e se lo portò in casa. L’anno seguente fondò la “Pia Unione per l’assistenza ai malati poveri”. Ordinato prete l’11 agosto 1901 si dedicò alle opere di carità privilegiando soprattutto gli spazzacamini e i ragazzi abbandonati, e nel 1907, diede inizio alla “Casa Buoni Fanciulli” dove alcuni laici chiesero di condividere la sua esperienza di povertà e di assistenza ai bisognosi: sorse così la congregazione dei “Poveri Servi della Divina provvidenza”, nel 1909, a cui seguì il ramo femminile. Per promuovere la riforma evangelica della Chiesa curò e fece diffondere libri, scrivendo a sua volta su varie riviste italiane. Molte delle sue idee furono poi rilanciate dal Concilio Vaticano II. Da tempo sofferente per varie malattie, morì di emiplegia cerebrale il 4 dicembre 1954. Fu beatificato da Giovanni Paolo II nel 1988 e canonizzato il 18 aprile 1999.
mercoledì 3 dicembre 2014
Santo del giorno
Nato in Navarra, nel castello di Xavier, il 7 aprile 1506, si recò a Parigi per studiare alla Sorbona. Non disponendo di grandi mezzi, divideva la stanza che l’università affittava agli studenti con due coetanei, Pietro Favre e Ignazio di Loyola. Quest’ultimo lo conquistò al suo ideale di vita e così Francesco, Ignazio e altri cinque compagni, fecero i voti di castità, di povertà evangelica e il voto di pellegrinare in Terrasanta. Ordinato sacerdote il 24 giugno 1537, si riunì coi compagni a Roma dove, nel giugno 1539, fu fondata la Compagnia di Gesù. Avendo il re del Portogallo chiesto al Papa due gesuiti per evangelizzare i territori conquistati in Asia, egli partì il 7 aprile 1541. Giunto a Goa, si dedicò alla predicazione, alle confessioni, all’istruzione dei fanciulli, nonché all’assistenza degli schiavi e dei lebbrosi. Sistemate, grazie anche ai rinforzi ricevuti, le comunità cristiane dell’India, si diresse alle Molucche e a Malacca; poi partì per il Giappone dove, vincendo le difficoltà iniziali, impiantò una comunità fiorente. Deciso a recarsi in Cina, essendo quel Paese proibito agli stranieri, Francesco fu però colto da una violenta febbre e morì il 3 dicembre 1552. Mesi dopo il suo corpo, trovato incorrotto, fu tumulato a Goa nella chiesa dei Gesuiti, dove riposa tuttora. Dichiarato beato da Paolo V nel 1619, il Saverio fu canonizzato il 12 marzo 1622. Nel 1927 fu proclamato, insieme a santa Teresa del Bambino Gesù, patrono di tutte le Missioni.
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